mercoledì 26 ottobre 2022

Miéville - *Adrénaline*

Sono passati quasi dieci anni dall'unica visita che avevamo fatto alla parete di Miéville, non lontano da Martigny. Allora avevamo percorso una delle vie che indicavano tra le più belle del settore: *Nonette*, opera degli instancabili fratelli Remy. Complici però un vento fortissimo e un approccio forse troppo "a cuor leggero" da parte mia, non conservavo buoni ricordi. Anzi!
Bisogna sempre dare una seconda chance, dicono. Quindi ho voluto riprovare, cercando una giornata possibilmente senza vento e soprattutto con un approccio mentale più rispettoso e umile nei confronti delle vie. La scelta dell'itinerario è caduta sulla via che dà il nome al settore, ovvero *Adrénaline* (120 m, 7b max, 6c obbl.). Mi intrigavano soprattutto i racconti e la sua storia: già il nome, comunque, è piuttosto evocativo. Correva l'anno 1982 e il mito di allora era un certo Patrick Berhault che danzava sulla roccia, forte di un livello tecnico altissimo e di una forza fuori dal comune; era naturale per lui attrezzare vie con pochissimi punti fissi tra sezioni obbligatorie anche molto ingaggiose. I ripetitori invece dovevano mettere in campo ogni risorsa per affrontare vere e proprie "prove di coraggio", che non sempre portavano al risultato sperato. Ebbene, in quell'anno, due attivissimi apritori elvetici (L. Abbet e L. Monnet) hanno attrezzato *Adrénaline* cercando di emulare le gesta del fuoriclasse francese e di proporre lo stesso format di vie in cui fosse richiesta una buona dose di coraggio per essere salite. In quest'ottica, il famigerato traverso del quarto tiro della via è più famoso per il "6c obbligatorio" che per il fatto di essere un 7b estremamente estetico ed esposto su roccia compattissima.
La via è stata recentemente interessata da un intervento di richiodatura, ripettando fedelmente la posizione degli spit originali; questi ultimi si possono ancora vedere (e moschettonare, visto che non sono stati sostituiti) sul traverso del terzo tiro. Le prime due lunghezze sono ora proposte come un lungo tiro (38 m) che però sconsiglio di fare a freddo, visto che la sezione dura è in cima. Conviene, secondo me, scalare il primo originale, quindi fermarsi alla prima catena per poi affrontare il secondo più serenamente.
Le relazioni che si trovano in giro sono piuttosto discordanti; per aumentare la confusione, propongo anch'io la mia versione. È pur sempre una valutazione soggettiva, quindi da prendere con beneficio di inventario: 6b+, 6c+, 6c, 7b, 6b (6c obbl. bello solido).
Nota personale. Ho salito la via interamente in libera; tutti i tiri onsight tranne il quarto che mi ha richiesto un secondo giro, senza il sole battente, per essere addomesticato.

Materiale: corde da 60 m, 14 rinvii, casco.
Esposizione: Est, sole al mattino. Posto molto caldo.
Avvicinamento: in circa 15 minuti dalla macchina, lungo una traccia piuttosto evidente prima in mezzo alla vegetazione poi lungo la cengia (corde fisse) alla base della parete. La via attacca quasi all'estremità sinistra, guardando la parete.
Discesa: in doppia lungo la parete (numerosi ancoraggi in posto).

Vista generale della parete principale di Miéville: sole al mattino e roccia subito asciutta dopo la pioggia.

Primo tiro di *Adrénaline* (6b+).

Partenza del secondo tiro originale (6c+), lungo una fessura stondata e sfuggente.

Arrivo in sosta sul terzo tiro: un bel traverso di 6c attrezzato ancora con gli spit di quarant'anni fa.

Quarto tiro di *Adrénaline* (7b), quello che ha reso celebre (e temuta) la via.

Per "arrotondare" la giornata ci sono bellissimi monotiri sulla cengia dove attacca la via.
Come questo: *Sloggy* (7a+) firmato Remy's brothers.

giovedì 6 ottobre 2022

Conca Niedda (Orosei) - *Bocche cucite*

Non è sicuramente una delle pareti più famose della Sardegna ma è una delle più visibili dalla strada carrozzabile per chi è diretto verso Orosei. Si tratta della cosiddetta Conca Niedda, che sovrasta (un po’ discostata, per la verità) l’abitato di Galtellì. È una meta ideale per le giornate calde, in quanto è quasi sempre all'ombra. La roccia ricorda molto quella che si trova in Sicilia, mediamente più fratturata rispetto agli standard sardi e spesso lavorata a buchi. Sulla parete, piuttosto larga, sono state tracciate parecchie vie lunghe e monotiri da vari arrampicatori, tra cui spiccano M. Oviglia, T. Gogna e P. Dal Prà. Purtroppo non esistono relazioni pubbliche dettagliate che descrivano tutti gli itinerari: terreno d'avventura per eccellenza. Come primo approccio al luogo abbiamo scelto una delle due vie di cui si conosce di più: *Bocche cucite* (170 m, 6c max, 6b obbl.), terminata nel 2014 da M. Oviglia e G. Mocci. Due lunghezze su roccia delicata conducono al tiro più bello, ovvero il terzo: non difficile ma estremamente aereo e strapiombante su prese da sogno. Altre due lunghezze conducono in cima alla struttura, molto panoramica! Sembrano molto interessanti le vie situate a destra di quella da noi percorsa: placche e diedri verticali sul classico calcare delle strutture rivolte a Nord. Da approfondire per una futura visita.

Materiale: corde da 60 m, 14 rinvii, casco.
Esposizione: Nord.
Avvicinamento: dal paese di Galtellì, seguire una stretta strada asfaltata che si dirige a Est verso l'evidente parete. L'ultimo tratto sterrato conduce ad uno spiazzo che può ospitare non più di 4/5 auto. Seguire quindi a piedi il sentiero in falsopiano fino alla base della parete (15 minuti circa).
Discesa: in doppia lungo la via.

Vista generale della parte più alta della parete, durante l’avvicinamento.

Primo tiro: roccia delicata, da non confondere con la linea di fix poco a destra.

Partenza del terzo tiro, stupendo!

Arrivo in sosta sul quarto tiro, con vista mare.

Partenza del quinto tiro.

Discesa in doppia con vista sull’entroterra di Orosei.

Doppie aeree lungo la via.

martedì 4 ottobre 2022

Badde Pentumas (Lanaitto) - *La vita è amara*

Troppo bella la Valle di Lanaitto per non tornare. Questa volta abbiamo esplorato la caratteristica gola che ospita la parete di Badde Pentumas, dove sono state recentemente aperte alcune belle vie con esposizione non particolarmente soleggiata. *La vita è amara* (350 m, 7a+ max, 6c obbl.) è forse una delle più ripetute, anche se sarà molto raro trovare la coda. Si tratta di un itinerario aperto ormai sette anni fa da M. Oviglia e G. Manconi, che sfrutta abilmente le debolezze di una parete globalmente molto strapiombante per la gioia degli arrampicatori di medio livello ma comunque in cerca di avventura. I traversi sono all'ordine del giorno e impongono una composizione praticamente pari-livello della cordata per non correre il rischio di imbastire manovre di autosoccorso in caso di caduta nel vuoto di uno dei due componenti. Non è terrorismo psicologico ma un semplice consiglio. Detto questo, la via è molto bella; forse più per il contesto ambientale e per il tipo di arrampicata che per la roccia in sé. In Dolomiti sarebbe considerata ottima; qui però siamo in Sardegna e gli standard qualitativi di riferimento sono molto più alti. Solo gli ultimi due tiri si svolgono su roccia grigia compattissima; gli altri invece su roccia arancione per lo più solida con alcuni brevi tratti dove bisogna prestare attenzione. La chiodatura comunque permette di scalare rilassati e le ripetizioni hanno sicuramente contribuito a eliminare qualche blocchetto instabile.
Per quanto riguarda le considerazioni personali, avere Alessandra come seconda di cordata - su vie come queste - è sempre una garanzia: non si lamenta (quasi) mai e si diverte pure. Così a ogni sosta, mentre la recupero, ho il tempo di riposare per affrontare da fresco il tiro successivo. Sono così riuscito a salire onsight su tutti i tiri, quindi giornata top!
Per la discesa abbiamo seguito due opzioni differenti: Alessandra è scesa a piedi lungo una traccia segnalata da ometti che riporta all'imbocco della gola. Io invece ho percorso a ritroso la ferrata, per vari motivi: supportare alcuni sprovveduti e impanicati escursionisti impegnati sulla via ferrata che corre di fianco alla via e per recuperare uno zaino lasciato alla base. È decisamente più rapida la prima soluzione.

Materiale: corde da 60 m, 14 rinvii, casco.
Esposizione: Ovest, sole da metà pomeriggio.
Avvicinamento: nel vallone di Lanaitto, poco prima di raggiungere le grotte di Sa Oche (dove c'è il bivio verso destra), proseguire dritto per qualche centinaio di metri. Al termine di una piccola discesa, posteggiare a destra in un esiguo spazio (2/3 auto). Proseguire a piedi verso destra lungo una larga traccia pianeggiante che si addentra poco dopo nella gola di Badde Pentumas. Percorrere il fondo affrontando qualche breve passo di secondo grado fino a giungere alla base della parete, visibile solo all'ultimo. Calcolare una mezz'oretta.
Discesa: a piedi sul versante opposto (più rapido), seguento gli ometti del rientro della via ferrata, oppure con una doppia dall'ultima sosta fino alla via ferrata che si utilizza poi per scendere fino alla base (più lungo).

Avvicinamento suggestivo sul fondo del canyon di Badde Pentumas.

È sempre bello riguardare le foto, per rendersi conto che sul passo chiave del secondo tiro (7a+) l'assicuratore aveva le mani sullo smartphone invece che sul GriGri: fortunatamente è “autobloccante”!

Alessandra al termine del difficile traverso del quarto tiro (7a).

Quinto tiro (6b+), ancora in traverso.

Sesto tiro (6c+), sempre tutto a destra.

Ottavo tiro (7a+), questa volta si cambia direzione e si esce dagli strapiombi arancioni.

Vista dall'alto sull'esposta parte finale dell'ottavo tiro.

Dopo aver intersecato la via ferrata, si esce in cima con due tiri su roccia grigia di qualità stratosferica.

Al termine della via: facile fare gli splendidi, contro sole, con gli occhiali!

Vista d'insieme dei 2/3 superiori della parete di Badde Pentumas, dalla ferrata che la costeggia.

domenica 2 ottobre 2022

Monte Uddé (Lanaitto) - *Ischintzidda*

L'elenco dei posti da visitare e di pareti da scalare è infinito e la Valle di Lanaitto, quando si parla di Sardegna, è sempre stato tra i favoriti. Per una ragione o per un'altra però non sono mai riuscito a colmare questa lacuna; meglio tardi che mai, si dice. Ne avevo sempre sentito parlare bene ma, tra le informazioni che circolavano, mi aveva sempre spaventato quella che la indicava come un posto caldissimo e frequentabile solo in inverno. Non sono un amante delle arrampicate sotto il sole cocente, quindi avevo sempre rimandato. Quest'anno invece ho pensato che un tentativo andava fatto ed ho scelto una via rappresentativa (almeno per me) ma che garantisse qualche ora di ombra mattutina: *Ischintzidda* (180 m, 7a+ max, 6b+ obbl.) sulla parete Sud del Monte Uddé. Si tratta di una via aperta a metà degli anni 2000 da A. Currò e L. Nadali, quest'ultimo sicuramente una garanzia in materia di estetica e qualità delle sue vie. Le aspettative sono state confermate, sia per il luogo sia per la via: selvaggio è l'aggettivo che descrive meglio tutto l’insieme. Inutile dire che frequentazione nulla e assenza di segnale telefonico nell'arco di chilometri ne amplificano la potenza e la bellezza.
Nonostante gli anni passati dalla sua apertura, il fatto che la via non si trovi direttamente sul mare ne ha agevolato il buono stato di conservazione. Occorre comunque prestare sempre attenzione a non rimanere su un punto solo, visto che si tratta di inox A2 Raumer ovvero quello che ha dato maggiori problemi sulle isole. Per quanto riguarda l'arrampicata e la qualità della roccia, invece, nulla da eccepire: top. Ogni tiro impegna il giusto anche se uno in particolare è andato oltre le aspettative: il caratteristico diedro del quarto tiro. Non è il più difficile tecnicamente ma sicuramente il più complesso.
Piccola soddisfazione personale, infine, quella di aver percorso tutta la via da capocordata e in bello stile (onsight).

Materiale: corde da 60 m, 14 rinvii, casco, eventualmente una piccola scelta di friends per addolcire qualche runout
Esposizione: prevalentemente Sud ma la via rimane all’ombra fino al primo pomeriggio.
Avvicinamento: al termine della discesa ciottolata che permette di entrare nella Valle di Lanaitto si giunge nei pressi di una deviazione. Imboccare in auto la strada sterrata a destra che sale a mezzacosta fino ad un altro bivio. La strada principale prosegue diritto verso Sa Oche; per raggiungere la parete occore invece salire a destra ma solo se in possesso di un veicolo 4x4. Altrimenti si può lasciare l'auto di fianco alla strada e salire a piedi (10/15 minuti in più). Poco prima del Cuile Giobbe imboccare a destra una sorta di traccia (qualche ometto poco evidente) che sale sfruttando le zone più aperte tra la vegetazione verso la strettoia del canale a valle dell'evidente parete del Monte Uddé. Risalirlo faticosamente fino all'attacco, nei pressi di un piccolo anfratto (fix con cordoni). Calcolare circa 45 minuti. 
Discesa: in doppia lungo la via. 
Avvicinamento sul classico terreno "misto sardo" (pietraie-arbusti), non così terribile però.
 
Primo tiro, progressivamente più difficile (7a): un bel biglietto da visita.

Quarto tiro (7a): un diedro apparentemente difficile-ma-gestibile
che invece si è rivelato un'insospettabile sagra delle bastonate.
Ho dovuto raschiare il fondo di tutte le riserve per non cedere alla tentazione di appendermi alla corda. 
Mai partire per un tiro troppo rilassati!

Alessandra in uscita dal quarto tiro.

Sesto tiro (6c+): due belle chiusure su una fessura fisica portano all'ultimo diedro dove probabilmente gli apritori avevano finito le batterie del trapano, considerati i runout (non difficili) che bisogna affrontare.

Discesa in doppia molto veloce, con vista panoramica sul resto della parete.

Vista d'insieme sulla bella parete Sud del Monte Uddé.

venerdì 9 settembre 2022

Tenailles de Montbrison - *L'automne à Pékin*

Ritorno dopo 14 anni sulle Tenailles de Montbrison, dove avevo percorso - sempre con Alessandra - la classica *Péril en la demeure*. È la prima struttura rocciosa che svetta quando si valica in auto il Colle del Monginevro; impossibile per un arrampicatore non desiderare di arrampicare là. Avvicinamento e logistica (strada sterrata) però non la mettono tra le mete principali della zona, a favore invece delle pareti più comode della valle che sale verso il Lautaret. Sarà forse per questo motivo che anch'io ho fatto passare tanto tempo tra una visita e l'altra. Ma ne vale la pena: il luogo è molto bello, la roccia è buona e la scelta di vie abbastanza eterogenea. Il tutto in un contesto mediamente "dolomitico", dove occorre possedere almeno i rudimenti della movimentazione su terreni cosiddetti alpini. Una parete da evitare nelle giornate calde, perchè l'esposizione al sole è totale e la scalata non sarebbe piacevole. La scelta di percorrere *L'automne à Pékin* (380 m, 7a max, 6b+ obbl.) è stata suggerita infatti dall'ondata di freddo pre-autunnale; diciamo pure che non abbiamo patito il caldo, anzi! L'itinerario, pescato più o meno a caso dal secondo volume della serie "Itinéraires d'un grimpeur gâté" di P. Mussatto, si è rivelato molto bello. Il tracciato può sembrare forzato e tortuoso, con molti traversi, ma ha una sua logica ovvero quella di cercare la roccia migliore. E così è, infatti, su praticamente tutti i tiri. Le difficoltà sono piuttosto omogenee e ben distribuite in manera da mantenere vivo il livello di attenzione fino alla fine (undicesimo tiro), dove è meglio non rilassarsi ed incappare in errori di lettura. Come al solito, sarebbe un peccato rovinare una salita in bello stile sui tiri più difficili con una macchia su un "semplice" 6c. Fortunatamente oggi così non è stato ma c'è voluta una buone dose di impegno per non cedere. Per quanto riguarda invece la sezione boulderosa (purtroppo su roccia fragile) del decimo tiro (7a), in tutta onestà non sarebbe corretto parlare di onsight pura... è bastato collegare i generosi segni bianchi lasciati il giorno prima sulle prese giuste da giovarav&co. Merci beaucoup les gars!

Materiale: corde da 60 m, 14 rinvii, casco, scarpe per la discesa (a piedi).
Esposizione: Sud, ad una quota di circa 2500 m
Avvicinamento: a piedi, lungo un sentiero che si percorre in poco meno di un'ora dalla macchina. Strada sterrata non proprio in perfette condizioni dal villaggio di Bouchier fino all'inizio del sentiero, ma comunque percorribile anche senza 4x4.
Discesa: dalla cima, una doppia da 30 m fino ad un colletto da dove si seguono gli ometti che riconducono sulla pietraia lungo una traccia di sentiero.

Avvicinemento con tutta calma, visto il meteo non proprio eccellente.

Fortunatamente all'attacco le nuvole si sono dissolte.

Primo tiro (6b+), molto bello.

Terzo tiro (7a), uno dei più difficili tecnicamente ma non dei più belli.
Abbiamo seguito la variante di dx, meglio attrezzata dell'originale; la difficoltà è la stessa.

Arrivo in sosta sul terzo tiro, con una aerea traversata su prese abbastanza buone.

La parte finale del quarto tiro 6c) è super placcosa.

Partenza del quinto tiro (6c+), un bel muro tecnico protetto molto bene.

Settimo tiro (6a+), alla ricerca della roccia migliore.

Nono tiro (6b+), esposto ma logico traverso verso destra su roccia non perfetta ma ormai pulita dai passaggi.

Vista dall'alto sul nono tiro.

Undicesimo tiro (6c), ovvero la ciliegina sulla torta... per la verità un po' aspra a causa di un passo di non immediata impostazione al termine della fessura.

Alessandra al termine dell'undicesimo tiro: dall'abbigliamento si intuisce che la stagione autunnale è alle porte. Oggi tutto meno che caldo.

Discesa dalle Tenailles; dopo una breve doppia si segue l'evidente traccia che riporta all'attacco.

lunedì 5 settembre 2022

Tête de Gaulent - *Gouttes d'eau en alpage*

Una piccola perla incastonata nella media montagna a Sud di Briançon, ovvero la Tête de Gaulent. Tanti sono i motivi che non la rendono popolare tra gli arrampicatori: modesta altezza della parete, lunghezza dell'avvicinamento... Meglio così. Vuol dire che i pochi "coraggiosi" che ci vanno, non sono costretti a mettersi in coda per scalare. In realtà, chi ama le mete poco frequentate e la roccia di qualità superiore troverà qui un piccolo paradiso. Sì, piccolo, perchè purtroppo la parete raggiunge a stento i 200 metri di altezza; purtroppo... ma anche per fortuna, considerata l'estrema aggressività della roccia. Credo che pochi avrebbero ancora pelle sui polpastrelli per affrontare qualche tiro in più: provare per credere.
La via percorsa oggi, *Gouttes d'eau en alpage* (180 m, 7b max, 6b+ obbl.), è una delle più belle; opera, più di vent'anni fa, di due alpinisti francesi che hanno anche lasciato la loro silenziosa firma nelle valli di Cogne, aprendo alcuni interessanti itinerari di misto moderno. Trattasi di Cyrille Copier e Jean-François Etienne (aka Gepetto). Il materiale in loco è ancora quello originale, con fix da 8 mm e raramente da 10 mm, apparentemente in buono stato ma ormai più che sorpassati. Dettaglio che però passa in secondo piano quando si pensa all'insieme della via: un concentrato di bellezza riscontrabile solo in pochi altri luoghi (viene subito in mente Taghia) e di continuità della scalata (su 180 metri quasi mai si scende sotto il 6b). Una nota personale infine: piccola soddisfazione quella di percorrere interamente la via da capocordata e in bello stile, in una splendida giornata pre-autunnale.

Materiale: corde da 60 m, 14 rinvii, casco.
Esposizione: Sud, ad una quota di circa 2800 m
Avvicinamento: percorrere tutta la strada sterrata che sale da Champcella, passando dal Ponteil (altra bella parete soleggiata per arrampicare). Posteggiare dove indicato, appaena a valle della Cabane de Tramouillon. Imboccare quindi il sentiero evidente che si dirige verso la parete già visibile in alto. Dopo un grande pianoro erboso, proseguire a piacimento e affrotare l'ultimo ripido pendio che conduce all'attacco. Calcolare circa un'ora, di buon passo.
Discesa: in doppia lungo la via (S6, S4, S2).

Paesaggio bucolico a monte della Cabane de Tramouillon.

La bella parete della Tête de Gaulent si contraddistingue per la qualità della roccia, davvero notevole!

Primo tiro di *Gouttes d'eau en alpage* (6c+): iniziare a freddo la via con una lunghezza del genere equivale ad una doccia fredda. Continuità di dita e un singoletto "interessante" poco sotto la sosta.

Arrivo in sosta sul quarto tiro (il primo dopo la cengia): anche qui, chiodatura allegra.

Quinto tiro, il più difficile (7b). Sostanzialmente un bellissimo 6c di continuità con una breve sezione boulderosa a metà; due fix vicini (e posizionati anche ad hoc per i moschettonaggi) consentono di spingere serenamente la libera, tanto più che la lettura è piuttosto semplice.

Vista d'insieme sul quinto tiro, spettacolare!

Arrivo in sosta sul quinto tiro: fosse in falesia, sarebbe unto.

Roccia stratosferica fino all'ultimo metro della via;
ma concentrazione sempre richiesta perchè il chiodo non è mai ascellare.

Doppie veloci lungo la via.

Il fascino di questa parete risiede nella qualità della roccia e nella lontananza dal fondovalle.
Peccato solo che arrivi a stento ai 200 m di altezza; ma li vale proprio tutti.