sabato 29 marzo 2025

Stagione agonistica skialp 24/25

Dopo l'esperimento positivo con i ragazzi della squadra agonistica dello Sci Club Corrado Gex nella passata stagione invernale, ho deciso di replicare quest'anno cercando di seguire più assiduamente i giovani atleti di skialp. Complessivamente è stata una lunga stagione, durata 6 mesi, costellata di allenamenti e gare, con tante trasferte in tutto il Nord Italia, Francia e Svizzera.
Seguire da vicino i ragazzi è stato senza dubbio divertente e gratificante allo stesso tempo. Per quanto mi riguarda, anche uno stimolo a rimanere in forma mettendomi in gioco con il pettorale quando si presentava l'occasione, nella speranza di trasmettere un po' di passione alle nuove generazioni. Onestamente non ho ancora capito se così facendo ho prodotto l'effetto cringe ma tant'è; spero che rimanga loro un imput a cercare di dare sempre il massimo, ognuno al proprio livello e compatibilmente con l'allenamento del momento.
Uno dei primi appuntamenti agonistici, in notturna, è stato "Sulle tracce del biondo" a La Thuile. Una bella gara in pista ma completa (salita, discesa, tratto a piedi); il livello degli atleti era altissimo, con la presenza di quasi tutta la squadra nazionale di skialp e atleti top di Coppa del Mondo. Al di là dell'aspetto prestazionale - nessuno si è risparmiato - quello che è si è percepito maggiormanete durante la serata è stato il pensiero costante a Denis Trento a cui era dedicata la gara.
Successivamente è toccato alla Valle del Gran San Bernardo ospitare una manifestazione di carattere internazionale giovanile (Coppa del Mondo); per l'occasione si è anche disputato un Vertical open per tutte le categorie, purtroppo limitato ad una piccola parte del percorso originale a causa del maltempo. Nessun problema, comunque, la sicurezza degli atleti prima di tutto. Ne è uscito un format che può essere definito un mix tra sprint e vertical, meno di 350 m di dislivello percorsi in circa 15 minuti.
Il teatro del mese di gennaio è strato invece la Valtournenche dove Tiziano Artaz e il suo staff hanno messo in piedi un mini circuito di gare notturne (Skialp Pink Circuit): Breuil-Cervinia, la classica Torgnon e Valtournenche. Ennesima dimostrazione che il movimento agonistico in Valle d'Aosta sta riprendendo vigore, con tanti atleti desiderosi di mettersi in gioco e di far festa nel dopo gara. Un plauso agli organizzatori anche per aver dedicato percorsi ridotti alle categorie giovanili (U12-14-16). Personalmente sono riuscito a classificarmi al secondo posto nella classifica generale Master (over 45), dietro ad un atleta completo come Franco Collé sempre al top.
Successivamente, una trasferta con i ragazzi dello Sci Club Corrado Gex è stata l'occasione per buttarmi nella mischia della Coppa Italia e partecipare ai Campionati Italiani Sprint di San Martino di Castrozza. Si tratta del format sicuramente meno rappresentativo dello skialp ma sulla strada della consacrazione olimpica. Giusto o sbagliato? Ognuno ha la sua idea. Personalmente credo che sia giusto far conoscere lo scialpinismo agonistico nel panorama sportivo internazionale ma faccio un po' fatica mentalmente ad accettare che il teatro di questa particolare disciplina si sposti totalmente dalla montagna alla pista. Potrebbe andare bene in alcune circostanze ma devono rimanere i riferimenti delle grandi classiche (a coppie o individuali), fuoripista, su e giù dalle montagne. Per ora, i numeri danno ragione a queste ultime e la Sprint di San Martino è stata l'ennesima conferma. Pochi ragazzi, neanche troppo appassionati alla formula da quello che ho potuto percepire, e ancor meno adulti. Il fatto di trovare il sottoscritto sul gradino più alto del podio Master la dice lunga. In compenso, il cestino di prodotti tipici portato a casa era di qualità.
L'ultimo appuntamento stagionale per me era il Trofeo Bozzetti-Bionaz, ovvero la riedizione della storica gara di scialpinismo in Valpelline a cui avevo partecipato come tracciatore ancora da minorenne e poi come concorrente nel 1999 insieme a Giorgio Bredy. Quest'anno, le nipoti di Ettore Bionaz (a cui è co-intitolato il Trofeo) hanno deciso di dare nuovo lustro ad un pezzo di storia agonistica dello scialpinismo in Valle d'Aosta. Tanta buona volontà e passione, per un appuntamento dal sapore classico che si spera diventi nuovamente ricorrente, in una delle valli più selvagge delle Alpi Pennine. Ciliegina sulla torta per il sottoscritto con la vittoria nella classifica Master (24° posto assoluto su circa 200 atleti partecipanti).

La squadra agonistica dello Sci Club Corrado Gex quasi al completo
durante uno dei primi allenamenti a Breuil-Cervinia (foto N. Maguet).

"Sulle tracce del biondo" a La Thuile,
una delle prime gare in notturna della stagione in memoria di Denis Trento.

Gara "open" nell'ambito dell'ISMF Youth World Cup a Crévacol (foto E. Garbolino).

Foto di gruppo a Crévacol, con organizzatori, autorità, atleti di spicco e vincitori delle varie categorie.

Torgnon skialp, altro classico appuntamento stagionale in notturna.

Torgnon skialp, come sempre arrivo a piedi lungo l'ultimo muro della pista.

Campionato Italiano Sprint a San Martino di Castrozza: podio Master (foto M. Torri).

Defaticamento con i ragazzi, cercando un po' di neve
tra i ghiaioni Dolomitici vicino a San Martino di Castrozza.

Trofeo Bozzetti-Bionaz: la Coumba Freida non si smentisce con vento forte e bufera di vento.

Passaggio al Rifugio Crête Sèche durante il Trofeo Bozzetti-Bionaz (foto D. Gadin).

 

martedì 18 febbraio 2025

Dry tooling - tre belle vie (monotiri) in Valgrisenche e Valsavarenche

L'esperienza su *Wild-grisenche* ha sicuramente rianimato un poco l'interesse stagionale per il dry-tooling, motivandomi a fare ancora qualcosa prima della fusione del ghiaccio.


Più di 20 anni fa, nel 2004 per la precisione, avevo chiodato insieme ad Emanuele Meynet un monotiro proprio sotto il ponte della frazione Revers, in Valgrisenche. Allora mi interessava più l'idea di attrezzare vie nuove piuttosto che scalarle in bello stile, lasciando ai ripetitori l'onore della prima salita in libera. Il nome scelto per la via non è stato casuale: *Ai posteri l'ardua sentenza*, per la serie "dategli voi il grado". Era stata relazionata con un generico stimato M7, assegnato sulla base di poca esperienza in materia e tanta confusione sui gradi "M". A distanza di vent'anni la confusione rimane ma almeno è cresciuta l'attenzione allo stile e alla sicurezza. Così, i cinque fix zincati originali - ormai arruginiti e poco affidabili - sono stati sostituiti da otto fix inox che si spera durino un po' di più. Prima occorreva proteggersi anche su ghiaccio (a volte precario), ora invece è fattibile interamente con i rinvii.
Visto che nessuno ha mai rivendicato una salita in libera, mi sono anche tolto questa soddisfazione, constatando che il grado ipotizzato non era tanto distante dalla realtà; forse un "+" non stonerebbe e farebbe contenti tutti. Tecnicismi a parte, la linea - una fessura diagonale netta e regolare che incide una sorta di marmitta dei giganti - ed il posto in cui si trova meritano sicuramente una visita.

Dopo aver dato nuova vita al suddetto monotiro sotto il ponte di Reverse, occorreva trovare qualche altro itinerario in zona da abbinare per far trascorrere una giornata completa ai ripetitori. Insieme a Luigi Z. abbiamo quindi attrezzato un nuovo tiro all'estrema destra della bastionata rocciosa dove corre *Le befi*, appena a sinistra di *Mituska*, non lontano dalla falesia estiva del Masso di Revers. Una fila di una dozzina di fix inox lungo uno strapiombo solcato da una spaccatura/fessura diagonale indicano il percorso da seguire per agganciare un'esile stalattite di ghiaccio che porta sulla cengia superiore: *Tempura*, M9+. Il nome è stato suggerito da una cena cinese all-you-can-eat che con cui si è conclusa degnamente la giornata: personalmente mi sono occupato del lavoro di carpenteria dal basso per attrezzare la via e Gigi si è incaricato di salirla in libera. Sono poi tornato pochi giorni dopo con Anna per salirla anch'io in bello stile, appena prima che la pioggia rovinasse tutto.

Per l'ultimo capitolo di questa anomala stagione del ghiaccio/misto ci spostiamo in Valsavarenche dove i prolifici chiodatori N. Bruni e F. Civra Dano hanno prodotto un bel tirone appena a destra della classica *Gabarrou-Marlier* a Rovenaud. Si tratta di *Le bleu dans les yeux* (M10), che vuole ricordare con un gioco di parole invertite la celebre via di roccia sulla Paroi d'Anterne, in Alta Savoia. Questa volta l'assalto è stato sferrato insieme al vulcanico François, con cui ho condiviso una bella giornata di tentativi che si è conclusa con il successo di entrambi. Per quanto mi riguarda, mi sono anche tolto la soddisfazione della salita in libera al secondo giro. Il tiro è completo, tecnico e fisico allo stesso tempo, con un allungo piuttosto intenso poco dopo la metà; l'ultimo terzo su ghiaccio è una bella ciliegina sulla torta, con una stalattite piuttosto aerea da scalare per sbucare sul bosco sommitale.

Valgrisenche: *Ai posteri l'ardua sentenza* (M7+),
più o meno nelle condizioni in cui era stata attrezzata.

Richiodatura con fix inox 316L da 10 mm.

Durante la salita in libera di *Ai posteri l'ardua sentenza* (foto H. Bonnel).

Valgrisenche: *Tempura* (M9+).

Luigi Z. durante la salita in libera.

Sono tornato pochi giorni dopo anch'io per scalarmela in libera (foto A. Torretta).

Vista d'insieme di *Tempura*, con spaccata sulla stalattite finale (foto A. Torretta).

Valsavarenche: *Le bleu dans les yeux* (M10).  François studia la linea da lontano.

Salita in libera al secondo giro per me (foto F. Cazzanelli).

François sospeso sulla stalattite finale del tiro.


martedì 7 gennaio 2025

Valgrisenche - *Wild-grisenche*

Primo tiro per Remy.

Secondo tiro, non proprio rettilineo ma divertente.

Terzo tiro, ancora in diagonale verso destra per salire una serie di rigonfiamenti ghiacciati
che richiedono un po' di decisione.

Arrivo in sosta sul terzo tiro (foto R. Maquignaz).

Manovalanza e carpenteria per rimettere il quarto tiro a nuovo (foto R. Maquignaz).

Fix inox nuovi accanto ai vecchi spit-roc in alluminio piantati a mano.

Remy sugli ultimi metri del quarto tiro.

Dalla cima è molto più comodo traversare a sinistra e calarsi su *Le professeur de la glace*.

Parte del materiale con cui era attrezzata originariamente la via.

Roger sul secondo tiro, con lo sfondo... di casa sua (Reverse)!

Terzo tiro, questa volta tocca al sottoscritto (foto R. Bovard).

Durante la salita in libera del quarto tiro (foto R. Bovard).
Un dovuto ringraziamento a Roger che mi ha pazientemente assicurato in sosta,
nonostante la posizione non troppo comoda e le condizioni meteo non particolarmente clementi.

Il topo della via.

Che la Valgrisenche sia selvaggia non è una novità. Neanche la presenza dell'eliski durante buona parte dell'inverno intacca questa sua caratteristica. Sembra strano ma è così. Basta fare un giro nelle vicine valli del Gran Paradiso per accorgersene; senza per forza andare nelle più note località sciistiche della Valle d'Aosta. E tutto ciò nonostante la presenza di due tra gli itinerari scialpinistici più percorsi nelle Alpi Occidentali, ovvero il Mont de l'Arp Vieille e il Sigaro. Al di fuori di queste poche mete, è tutto wild. Per questo motivo abbiamo recentemente deciso di battezzare un bella linea di ghiaccio/misto situata in località Reverse: *Wild-grisenche* (150 m, III/4-5 M8+).
Appena a destra della celebre cascata *Le professeur de la glace* - salita a metà anni '90 da N. Berzi, P. Gabarrou e G. Maspes e dedicata proprio allo specialista del ghiaccio Patrick - si trova un grande strapiombo roccioso che periodicamente viene tappezzato da stalattiti ghiacciate più o meno grandi. Per raggiungerlo occorre salire uno "zoccolo" ghiacciato non proprio semplice e soprattutto esposto alla caduta di eventuali frammenti dall'alto. Un itinerario quindi piuttosto complesso che richiede ottime condizioni per essere affrontato con un buon margine di sicurezza. La linea più logica che collega le stalattiti più evidenti ed esce sul bosco sommitale era chiodata da tanti anni (anche più di una ventina). All'occhio attento di chi ha percorso *Le professeur de la glace* non saranno sfuggiti i rinvii penzolanti, visibili fino a circa due terzi. Durante la compilazione della guida delle cascate di ghiaccio della Valle d'Aosta avevo segnalato la presenza, indicandolo come un generico "progetto E. Marlier" da terminare, sulla base di alcune voci che circolavano nell'ambiente senza però avere un riscontro reale. Purtroppo le informazioni chiare e dettagliate nell'ambito delle prime salite su ghiaccio in Valle d'Aosta sono sempre state merce rara e anche in questo caso non è attualmente possibile stabilire chi siano gli autori. Se qualcuno, a distanza di tanti anni, riconoscesse il proprio lavoro e volesse condividere la propria esperienza, sarei felice di aggiungere un tassello mancante nella ricostruzione della piccola storia dell'arrampicata su ghiaccio in Valle d'Aosta. Fin qui, digressioni teoriche. Nella pratica, l'unico modo per approfondire l'argomento era quello di andare a vedere da vicino. Insieme a Remy M. abbiamo quindi ripercorso questo itinerario, attrezzando a fix + anello le soste e sostituendo i vecchi spit dello strapiombo con più affidabile materiale inox da 10 mm. Non senza sorpresa abbiamo constatato che quello che si pensava fosse un progetto da finire, in realtà era una via attrezzata fino in cima con vecchissimi spit-roc piantati a mano abbinati a placchette di alluminio Petzl e qualche chiodo da roccia. Su qualche punto erano presenti rinvii con moschettoni Kong e fettucce Roca di produzione 1999. Un vecchio ancoraggio con relativo rinvio (chiaramente non affidabile) è stato volutamente lasciato in posto, accanto ai nuovi fix, come testimonianza del passato.
Con questi elementi, si può supporre una prima salita completa della via anche se resta l'incognita della salita in libera, soprattutto consideranto i rinvii in posto. Comunque sia, in attesa di eventuali elementi concreti e seriamente attendibili per completare il puzzle, quello che conta è che ora sia possibile ripercorrere questo estetico itinerario riattrezzato con materiale affidabile. Un certo impegno generale, certamente, rimane; la scelta delle giuste condizioni è ancora prioritria.
Come per tutti gli itinerari di misto moderno in cui è presente una componente di ghiaccio, anche per questa linea valgono le stesse considerazioni sulla relatività del grado. A seconda di quanto ghiaccio è presente, l'impegno fisico può variare sensibilmente, facendo oscillare la difficoltà tecnica anche di un grado. È stato assegnato un generico M8+ tenendo conto di tanti fattori ma potrebbe essere tranquillamente anche poco di meno o poco di più. Il consiglio è quello di monitorare le condizioni dal basso e di scalarla quando tutti i parametri sono ok per divertirsi al massimo e godere appieno di questo itinerario che occupa sicuramente un posto di rilievo tra i più estetici della Valgrisenche.

Materiale: viti da ghiaccio e 10 rinvii.
Esposizione: Ovest, ad una quota di circa 1700 m.
Avvicinamento: stesso accesso della cascata *Le professeur de la glace*. Calcolare circa 30 minuti fino alla base (un breve facile risalto ghiacciato da superare).
Discesa: dalla cima conviene uscire sul bosco sommitale e attraversare a sinistra fino a reperire le calate di *Le professeur de la glace*. Il primo ancoraggio si raggiunge scendendo brevemente lungo una facile rampa diagonale che costeggia una piccola barra rocciosa. Due calate lunghe fino alla base.

venerdì 4 ottobre 2024

Parete di Esuili (AKA Oronnoro) - *Issalada 'e purpos* (richiodatura completa)

Sono passati ormai vent'anni dall'apertura della via *Issalada 'e purpos* (350 m, 7b max, 6b+ obbl.) sulla grande parete conosciuta tra gli arrampicatori come Oronnoro ma indentificata dai locals con il nome del bosco sottostante, ovvero Esuili. Dettagli toponomastici a parte, questa è una delle pareti più spettacolari  lungo la scogliera tra Cala Sisine e Cala Golorizé, sulla costa orientale della Sardegna.
L'esplorazione verticale qui iniziò nella seconda metà degli anni '90 con l'apertura di due itinerari classici (trad): nel 1996 Maristella Manca e Luigi Scema completarono *Stella di prima luna* nella parte destra e l'anno successivo Oskar Brambilla e Alessandro Gogna salirono l'evidente diedro centrale, appena a destra della parte più strapiombante, battezzandolo *Cani e porci*. Fin qui tanto alpinismo e poca arrampicata sportiva. I fix iniziarono a comparire solo nel 2002 su *Evinrude* per mano di Andrea Calvo, Luca Giovanardi, Lorenzo Nadali e Antonio Tabanelli; si tratta di un itinerario piacevole e omogeneo che corre lungo la direttiva del diedro di *Cani e porci*. Successivamente, L. Nadali, innamorato del luogo particolarmente selvaggio, lo elesse a dimora-vacanze per gli anni a venire. Coinvolgendo pochi fidati compagni, tracciò una serie di linee che possono essere annoverate tra le più estetiche dell'isola. In particolare, tra il 2005 e il 2008 assicurò uno scatenato Pierino dal Prà su itinerari come *Ginepri al vento* e *Orronnauti*, dove venne raggiunto un livello massimo rispettivamente di 8a+ e 8b+ con sezioni obbligatorie di difficoltà imprecisata ma sicuramente non per tutti.
Tra i suddetti pochi fidati amici di Lorenzo Nadali c'è anche Anna Torretta, con cui arrampicavo spesso proprio in quegli anni. Nell'autunno 2004, insieme a lei, ci lanciammo nell'apertura di due vie in Valle dell'Orco, sulla parete dell'Acqua Chiara. Forti di quell'esperienza, il desiderio di provare a fare lo stesso su un tipo di roccia differente si fece strada ed è proprio in quel momento che ad Anna venne l'idea di propormi una parete allora "segreta" nel profondo Supramonte di Baunei, gentilmente messa a disposizione dal suo caro amico Lorenzo. Invito valido solo con la clausola di non toccare la strapiombante parte centrale dell'anfiteatro, dove sarebbero poi nate le difficilissime vie di Dal Prà. Detto, fatto. Ci presentammo quindi al porto di Genova dove acquistammo sul posto il biglietto (allora si poteva!) e ci imbarcammo con l'automobile carica di trapano e fix. La fitta rete di conoscenze di Anna ci permise di alloggiare a Cala Gonone nella casa di Enzo Lecis, messa gentilmente a disposizione di arrampicatori di tutta Europa. In quell'occasione conobbi anche lo svizzero Markus Stofer, che proprio pochi mesi prima aveva effettuato la prima salita in libera di *No Siesta* sulla parete Nord delle Grandes Jorasses insieme a Robert Jasper. Sempre grazie ad Anna riuscimmo a farci traghettare via mare fin sotto la verticale della parete da Gaetano Mura, celebre velista local. Per la cronaca, il nome scelto per la via - *Issalada 'e purpos* - fu ispirato da una porzione di insalata di polpo (tradotto in sardo) offerta dalla mamma di Gaetano e trasportata al bivacco installato alla base della parete. Sì, perchè quell'esperienza fu vissuta come una piccola spedizione in un luogo remoto, con tanto di cibo e acqua per quattro giorni e tutto il materiale per dormire, scalare e aprire una nuova via. Scaricato il materiale a riva, lo portammo a più riprese alla base della parete e installammo una sorta di mini campo base.
Un giorno lo dedicammo all'osservazione della parete per individuare una possibile linea di salita e ne approfittammo anche per ripetere *Evinrude* che aveva già buoni feedback dai ripetitori; a questi si aggiunse anche il nostro. La linea che catturò subito la mia attenzione fu una sorta di larga prua, in corrispondenza del punto in cui la parete cambia esposizione, con partenza nel punto più basso. Tutta la prima parte si presentava piuttosto ripida e difficile ma fummo attratti dalla debolezza offerta da un diedro regolare sovrastato da un muro più liscio che rappresentava l'incognita principale. Successivamente la parete si presentava più articolata, sempre compatta ma meno verticale.
Il giorno successivo, pronti, via! Con un lungo tiro nel suddetto diedro rangiungemmo un bel terrazzino alla base del muro. Questo, alla fine, ci impegnò abbastanza ma senza opporre difficoltà impossibili. Le corte giornate di fine ottobre, purtroppo, non ci consentirono di proseguire per cui lasciammo le corde fisse per il prosieguo. Per farla breve, ci volle ancora un giorno e mezzo per sbucare sul bordo superiore della parete con 350 m di via nuova alle spalle. Un po' di stanchezza a causa dell'approccio "pesante", sicuramente un po' di mancanza di esperienza e direi anche una scarsa propensione a fare tutto velocemente per poter godere appieno del contesto ambientale decisamente "fuori dal mondo" hanno influito negativamente sui tempi di progressione. Poco male, in fondo. L'esperienza vissuta fu molto intensa e l'interazione con la natura circostante ancor di più.
Al termine della chiodatura, purtroppo mancò il tempo per salire in libera il secondo tiro per cui decidemmo di lasciarlo ai ripetitori con la certezza che avrebbero gradito. Se ne incaricò qualche anno dopo Simone Sarti che lo liberò confermando la difficoltà ipotizzata attorno al 7b/+.
Per pura soddisfazione personale, tornai poi nell'autunno 2016 con Alessandra per scalare in bello stile anche quel secondo tiro, valutandolo non più di 7b, senza passi estremamente difficili ma piuttosto continuo su tutto lo sviluppo. Il quell'occasione constatai il buono stato di conservazione dei fix originali (inox Raumer), per quanto dall'esterno sia difficile valutarne l'effettiva affidabilità. Mi limitai a sostituire i cordoni delle soste. Con il passare degli anni però riaffiorava periodicamente il pensiero di quanto avrebbero ancora retto, in quell'ambiente marino, proprio quei fix che hanno dato e continuano a dare tanti problemi non solo in Sardegna ma anche in Sicilia, Grecia, ecc.
Ho quindi deciso di approfittare della ricorrenza ventennale per dare nuova vita a questa via a cui sono particolarmente affezionato. In primis perchè la reputo meritevole di ripetizione, almeno secondo un parametro mediamente oggettivo; i pochi ripetitori che conosco hanno tutti confermato. Cercando di mettere da parte un po' di egoismo che vorrebbe conservare questi luoghi come un piccolo tesoro personale, senza condividerli con altri, mi piace pensare che qualcuno possa vivere le nostre stesse avventure, nel totale rispetto dell'ambiente circostante. Credo che chi è interessato a venire qui sia un grande amante della natura e che si comporti come tale lasciando meno tracce possibili del suo passaggio. Sarebbe un peccato rovinare questo quadro bucolico con la macchia della paura costante che qualche fix possa rompersi improvvisamente, sia durante la progressione sia durante la discesa in doppia.
Parlando di dettagli più tecnici, tutti i fix originali (Raumer inox 304) sono stati rimossi e sostituiti da solidi fix M12 x 110 mm MKT BZ Plus abbinati a placchette Vertical Evolution da 4 mm, il tutto inox 316L; catena e anello di calata su tutte le soste. Solo una piccola nota da perfezionista: per un lavoro "perfetto" avrei dovuto utilizzare occhielli resinati che eliminano del tutto il problema dell'allentamento dei dadi sui fix inox. È vero che il 12 mm dà meno problemi del 10 mm ma la possibilità di trovare in futuro qualche punto parzialmente svitato non è da escludere totalmente. Il consiglio è quello di portarsi sempre una chiave (in questo caso da 19 mm, dal peso irrisorio rispetto al materiale che si usa in apertura) per stringere eventualmente i bulloni.
L'idea iniziale di coinvolgere la stessa Anna nel progetto di richiodatura è purtroppo naufragata a causa dei rispettivi impegni; per non rimandare ulteriormente sono riuscito a convincere per l'ennesima volta la paziente Alessandra che si è sobbarcata con me due giornate appesa in parete a picco su uno dei mari più belli del Mediterraneo. Nonostante l'attenuante del contesto ambientale, rimane pur sempre una faticaccia, fatta a titolo del tutto gratuito nella speranza che i ripetitori possano apprezzare e divertirsi.
Il topo aggiornato della via si trova nella sezione relazioni/topos del sito oppure direttamente a questo link: TOPO.

Materiale: corde da 60 m, 12 rinvii, casco.
Esposizione: Sud Est. La parete va in ombra, in autunno, dopo le ore 14.
Avvicinamento: l'accesso in gommone da Cala Gonone è possibile ma tutt'altro che semplice. Nel caso, raggiunta la verticale della parete, salire al meglio verso l'attacco della via, evitando di passare sull'evidente frana che si trova a sinistra (faccia a monte). Circa 30 minuti dal mare, faticoso.
L'accesso a piedi è indubbiamente quello che offre maggiori garanzie; permette inoltre di visitare un piccolo angolo di Supramonte estremamente selvaggio e pittoresco. Esistono due possibilità a piedi; in entrambi i casi occorre recarsi presso il parcheggio autorizzato di Ololbissi, dove è presente un piccolo chiosco ed è possibile anche dormire con tenda/van. Da Baunei, salire in auto sull'altopiano del Golgo e seguire le indicazioni per Cala Sisine: sono 16 km di cui circa 6 su strada sterrata.
Da Ololbissi, la prima opzione prevede la percorrenza del sentiero che conduce in cima a Serra Overa e prosegue verso Punta Plumare. Pochi metri prima di raggiungere l'omonimo cuile abbandonato, dirigersi verso destra e reperire un facile passaggio tra le rocce che permette di imboccare in discesa il canalone di Sa Nurca. Inizialmente largo e poco ripido, questo si stringe e diventa più ghiaioso man mano che si perde quota. Al suo termine, costeggiare tutta la parete verso Nord e scendere ancora fino all'attacco della via, situato quasi nel punto più basso, non lontano dal sentiero dove transita il Selvaggio Blu. Calcolare circa 1.30 ore.
La seconda alternativa a piedi consiste nel seguire il tracciato dell'ultima tappa del trekking Selvaggio Blu classico (Ololbissi – Sisine) che transita a poche decine di metri dall'attacco della via. Il tempo di percorrenza è più o meno simile ma il tracciato risulta un po' più battuto.
Discesa
: è possibile scendere in doppia da tutte le soste con due corde da 60 metri. Nella seconda calata è preferibile calare il primo per stendere le corde; la sesta calata invece è un po' obliqua, meglio moschettonare qualche punto in discesa per avvicinarsi alla sosta successiva.
Dalla sommità è comunque più suggestivo e più rapido il rientro a piedi. In questo caso, dirigersi verso Sud Ovest percorrendo in lieve salita una sorta di valletta (qualche ometto) che interseca direttamente il sentiero di Serra Overa. Raggiuntolo, seguirlo verso sinistra con percorso abbastanza evidente. Calcolare circa 1 ora fino a Ololbissi.

Quando si dice "arrampicare sul mare".

Autunno 2004: in apertura sul quarto tiro (foto A. Torretta).

Autunno 2004: durante l'apertura della via (foto A. Torretta).

Il parcheggio autorizzato di Ololbissi è la base perfetta per andare a scalare a Esuili.

Alba suggestiva durante l'avvicinamento; peccato solo per gli zaini più pesanti del normale.

Tipico ometto sardo.

Lungo la discesa del canalone di Sa Nurca inizia ad aprirsi la vista sulla parete di Esuili.

Eccola, in tutto il suo splendore: la parete di Esuili o Oronnoro che dir si voglia.

Primo tiro di *Issalada 'e purpos*; Alessandra sale da prima e io seguo da secondo con trapano e fix nuovi.

Vista generale sul primo tiro e sul bel muro sovrastante che ospita il secondo tiro.

Sostituzione della prima sosta.

Dopo aver richiodato i primi tre tiri e mezzo, saliamo veloci fino in cima.

Quinto tiro per Alessandra (6c).

Ora tutte le soste sono così: due fix da 12 mm con catena e anello di calata, inox 316L.

Per terminare il lavoro, ci caliamo direttamente dall'alto.

Ambiente suggestivo a picco sul mare.

Soddisfazione in cima alla via dopo aver terminato la richiodatura completa.

Autoscatto di rito con la paziente Alessandra prima di rientrare a Ololbissi.