sabato 25 novembre 2023

Tenerife climbing tour autunno '23

 

Nella maggior parte delle falesie a Tenerife si scala su roccia vulcanica effusiva (basalto),
come qui a Zona Zero.
 
Riuscire a combinare mare e roccia è senza dubbio uno degli stimoli più interessanti per qualsiasi appasionato di arrampicata. Le mete più gettonate si trovano in Grecia ma per chi vuole provare a cambiare, Tenerife si presenta come un'interessante alternativa. La caratteristiche che ha reso famosa la celebre isola delle Canarie è il clima: le temperature rimangono costanti durante tutto l'anno con escursioni termiche (anche diurne) ridotte ai minimi termini. Quando sulle Alpi inizia a fare freddo ma l'inverno non è ancora decollato, emigrare a Tenerife è un'ottima scelta. Mica per altro l'isola è stata scelta da anni per i loro allenamenti da molte squadre di ciclisti professionisti ma non solo.
Per quanto riguarda l'arrampicata, però, non deve essere intesa come l'attività principale da fare. La maggior parte delle falesie che si trovano a Tenerife da noi sarebbero considerate di interesse poco più che locale ma per un'accoppiata mare-arrampicata vanno benissimo. Lo stile di scalata è quasi sempre di forza e con molte sezioni boulderose, il tutto condito da valutazioni non proprio generose, anzi! Collezionisti di gradi astenersi. La gestualità imposta è però molto interessante con uno stile di scalata che spesso ricorda il granito. Salvo rari casi, la maggior parte delle vie è ancora attrezzata con materiale zincato che - alla vista - non trasmette estrema fiducia. È vero che non si scala vicino al mare ed è anche vero che i problemi maggiori arrivano dall'inox 304 però moschettonare punti completamente ossidati non è il massimo. Una strategia per ridurre ulteriormente il rischio (e per addolcire ogni tanto qualche passo obbligatorio) potrebbe essere quella di utilizzare le protezioni veloci: il tipo di roccia si presta particolarmente.
Per finire, alcune informazioni pratiche in pillole. L'aeroporto di riferimento è quello di Tenerife Sud. La costa Sud-Est è quella maggiormente esposta al vento ma è più vicina alla maggior parte delle falesie dei barranchi del Teide e meno caotica. Per contro, la costa Sud-Ovest - famosa per le spiagge e gli insediamenti turistici (Las Americas) - è meno esposta ai venti quasi sempre presenti sull'isola ma è più trafficata. Per orientarsi tra le varie falesie, si consiglia l'acquisto delle guide cartacee in commercio pur sapendo che non sono complete ed esaustive. Chiedere informazioni ai locals che si incontrano sul posto può essere una buona idea. Ultimo consiglio: vedere l'alba dalla cima del Teide, la vetta più alta della Spagna, è senza dubbio un'esperienza che ogni appasionato di montagna dovrebbe fare.

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domenica 19 novembre 2023

Vulcano Teide (Tenerife)

Per un appassionato di montagna in vacanza a Tenerife è normale pensare di salire sulla montagna iconica dell'isola, il vulcano Teide (3715 m), che rappresenta anche la vetta più alta della Spagna.
Considerato il fatto che si trova in un Parco Nazionale, ci sono norme ben definite che ne regolamentano l'ascensione. Occorre munirsi di un permesso da richiedere con largo anticipo (3 mesi circa) che dà accesso agli ultimi metri che separano la stazione superiore della funivia dal vertice del cratere. Relativamente semplice, invece, l'acquisto dei biglietti per la funivia da effettuarsi rigorosamente via internet. Visti i tempi dilatati per il rilascio del permesso si è diffusa tra gli escursionisti la prassi di salire a piedi di notte dall'inizio del sentiero fino in cima, per poter transitare nei pressi dell'apposito cancello prima degli orari di controllo che coincidono più o meno con quelli di apertura della funivia. In questo modo è possibile anche godersi un'alba semplicemente spettacolare dalla cima del vulcano.
Sono circa 1400 m di dislivello per quasi 9 km di sviluppo, prima su strada sterrata poi su sentiero ben battuto ma molto sassoso e faticoso. Quale occasione migliore per farsi una corsetta in salita e approfittare della comoda discesa in funivia? In poco più di un'ora e mezza (1.38 per la precisione, comprese le pause per scattare foto), rigorosamente lungo il tracciato del sentiero perchè non è consentito "tagliare", ho raggiunto il punto più alto del cratere dove si trovavano già numerosissime persone salite nella notte. Un'esperienza insolita, ovvero quella di trovarsi a più di 3700 metri di quota, con una temperatura vicino allo zero e con il mare poco distante in linea d'aria come sfondo a 360 gradi.
Vetta della montagna a parte, tutto l'ambiente circostante è qualcosa di molto particolare. Il vulcano ha creato un paesaggio lunare che, mica per niente, era stato scelto da Stalney Kubrick per girare alcune scene iniziali del film-cult "2001 Odissea nello spazio" nel 1968. Ora, questo spettacolare set cinematografico all'aria aperta è vittima del suo successo (e della sua bellezza), per cui occorre rassegnarsi a trovare in ogni stagione una moltitudine di turisti che lo visitano. Occore farsene una ragione e cercare di cogliere il bello, ritagliandosi il proprio angolo di tranquillità: c'è comunque spazio per farlo.

L'alba inizia a farsi strada durante la salita al Teide.

Il momento di transizione tra notte e giorno.

La salita al Teide con le prime luci del giorno offre scorci panoramici estremamente suggestivi.

Il sentiero è stato letteralmente costruito in mezzo a fiumi di lava solidificata.

Autoscatto in cima, con l'ombra del vulcano proiettata sullo sfondo.

Abbigliamento mediamente pesante anche per salire di corsa sui 3715 m della cima.

Ancora un'immagine della vetta del Teide in cui si notano bene le fumarole attive.

Fortunatamente per alleviare quasi completamente la lunga discesa c'è una comodissima funivia.

Scorci "vulcanici" con colate di lava solidificate ovunque.

Classica immagine del Teide dalla sua base (a 2000 m di quota circa),
raggiungibile in circa un'ora di auto dalla costa.

 

domenica 15 ottobre 2023

Gorges du Verdon - *Le triomphe d'Eros*

Nell'ultimo giorno di permanenza in Verdon, abbiamo fatto visita ad una via iconica: una super classica degli anni d'oro che non avevo mai avuto occasione di percorrere (a pensarci bene, mi manca vergognosamente anche *La Demande*). Risponde al nome di *Le triomphe d'Eros* (150 m, 6c max, 6b+ obbl.) ed è stata aperta in maniera piuttosto avventurosa nel 1974 dai mitici arrampicatori transalpini J.C. Droyer, G. Gaby e J.P. Bouvier. I numeri sulla carta potrebbero relegarla tra gli itinerari cosiddetti classici alla portata di un gran numero di scalatori, paragonabile magari a *Tandem pour une évidence*, percorsa qualche giorno fa. In realtà è meglio non soffermarsi solo sui numeri presenti nella relazione ma documentarsi sugli eventi di cui questi cinque tiri sono stati teatro negli anni passati. I commenti sulla letteratura contemporanea sono piuttosto eloquenti ma non raccontano nello specifico i retroscena: "una via classica e storica che porta ancora le stigmati della guerre du libre (competizione per la prima salita in libera), su cui non mancano aneddoti". Stop. Per risalire a questi ultimi occorre attingere da altre fonti, più narrative, che mi sono state gentilmente messe a disposizione dall'amico-vertical-nerd (con accezione positiva, ovviamente) Andrea R. Per saziare la curiosità di ciò che è accaduto nel corso degli anni su questa via, occorre leggere almeno un capitoletto de "Le fous du Verdon" scritto da B. Vaucher ed edito da Guérin nel 2008. Una chicca da non perdere per gli amanti delle storie legate alle vie di arrampicata.
Senza entrare eccessivamente nei dettagli, provo a sintetizzare.
Il *Triomphe* venne aperto, come già detto, nel 1974 dal basso e quasi interamente in stile cosiddetto "trad", tranne un chiodo ad espansione posizionato sul compatto muro grigio dell'ultimo tiro. Comunque sia, per l'epoca, notevole. Due anni dopo (1976), in occasione di un meeting internazionale di arrampicatori, Droyer stesso insieme ai fuoriclasse britannici P. Livesey e R. Fawcett riuscì a salire in arrampicata libera tutta la via, attribuendo un generico grado 6c alle tre sezioni più impegnative: il tetto iniziale, la goulotte "formica" del secondo tiro e il muro grigio del quinto tiro. Inutile dire che la maggior parte degli attuali scalatori che girano in falesia su quella difficoltà (anche a vista) troverebbero a dir poco mistico su questi passaggi. Ma questa è un'altra storia.
La salita in libera del *Triomphe d'Eros* ebbe molta risonanza all'epoca e venne pubblicizzata sulle riviste come una delle vie più belle e difficili del Verdon. Del resto, Droyer all'epoca era parecchio mediatizzato: normale che la stampa si interessasse delle sue imprese. C'erano quindi tutti i presupposti per generare gelosia in altre comunità arrampicatorie. Sentimento, purtroppo, sfociato in lite (indiretta) nel momento in cui JCD, per riuscire a salire in arrampicata libera, modificò la chiodatura di una storica via a Buoux (*PGF*, ovvero il Pilier de la Gueule Fermée) aperta da B. Gorgeon e compagni. Fu la classica goccia che fece traboccare il vaso e scatenò una reazione a dir poco bizzarra che ebbe come teatro la via percorsa oggi. L'intento era quello, in un certo senso, di banalizzare qualcosa che veniva descritto come un non plus ultra. Su tutti i tiri comparvero numerose scritte con la vernice - più o meno ironiche - e la classica segnaletica utilizzata per i sentieri di colore bianco e rosso; si narra poi che sul traverso del penultimo tiro venne teso un cavo d'acciaio.
A distanza di una quarantina di anni suona tutto come un lontano ricordo di eroici tempi passati; le scritte, ormai sbiadite e non di immediata lettura, sono però ancora visibili. Per questo motivo, ai giorni nostri, è interessante conoscere storie e aneddoti: una sorta di arrampicata consapevole.

Materiale: corde da 60 m, 12 rinvii, 1 set di friends da #.4 a #4 C4 BD molto utile per scalare sereni, casco.
Esposizione: Sud Est, al sole fino a metà pomeriggio.
Avvicinamento: 5 minuti di cammino per raggiungere le doppie di *Luna bong*. Al termine delle calate, dirigersi a Ovest lungo una traccia che conduce in pochi minuti all'attacco della via, riconoscibile per la presenza del segnavia bianco/rosso GR69.
Discesa: rientro veloce all'auto percorrendo a ritroso il sentiero dell'avvicinamento.

P. Edlinger, ritratto in una celebre immagine di R. Nicod, su uno dei passaggi più famosi della via.

Primi metri (sprotetti) del primo tiro: è solo 6a ma non si riesce a proteggere.
A destra sono visibili i resti sbiaditi delle scritte contro JCD (Jesus Christ Dardicule).

Il secondo tiro è caratterizzato da un bel diedro strapiombante, difeso da un passo d'ingresso di non facile impostazione per raggiungere il primo spit (si protegge con un friend).

Residui bellici della cosiddetta guerre du libre:
la segnaletica escursionistica GR69 con la caratteristica vernice rosso/bianca.

Il guardiano silenzioso (e misterioso) della seconda sosta. Una via piena di sorprese!

Vista dal basso sul quarto tiro, quello della foto sopra in cui è ritratto P. Edlinger.

Alessandra, al termine della fessura/camino del quarto tiro,
si accinge ad affrontare il traverso (in discesa) che conduce in sosta.

Ultimo tiro (6c, mooolto storico), caratterizzato dal celebre passaggio mano-piede immortalato in una sequenza di P. Edlinger sul libro "Verdon Opera Verticale".


sabato 14 ottobre 2023

Gorges du Verdon - *L'esprit inventif*

Dopo la scorpacciata di vie dei f.lli Remy, ieri, siamo tornati oggi su un'altra loro creazione: *L'esprit inventif* (180 m, 6c+ max, 6c obbl.). Mai nome fu più azzeccato per una via del genere; il tracciato infatti si snoda in maniera assolutamente bizzarra sui fianchi di un monumento come *Luna bong*, facendo lo slalom alla sua destra e alla sua sinistra per cercare porzioni di roccia solida e arrampicabili. I puristi grideranno sicuramente allo scandalo ma si sa che è tutto relativo, quindi ci sarà anche qualcuno che apprezza il piacere di scalare su ottima roccia nell'indiscusso ambiente del Verdon noto a tutti gli scalatori.
Di fatto, salvo tre micro pezzetti in comune, non si percepisce assolutamente la vicinanza con la super classica. Certo, bisogna amare lo stile tipico dei fratelli elvetici fatto di chiodatura non proprio rilassante (ma neanche pericolosa, a patto di avere una buona esperienza) e linee estrose con tanti traversi in cui spesso il livello del secondo di cordata deve essere simile a quello del capocordata, almeno su quelle difficoltà. Tutto questo per dire che la via mi è piaciuta: varia e piacevole, una buona alternativa per chi ha già fatto *Luna bong* - magari anni fa - e vuole tornare in zona per fare altro.

Materiale: corde da 60 m, 12 rinvii, casco.
Esposizione: Sud-Est, sole fino al primo pomeriggio.
Avvicinamento: 5 minuti di cammino per raggiungere le doppie di *Luna bong*.
Discesa: rientro veloce all'auto percorrendo a ritroso il sentiero dell'avvicinamento.

Primo tiro originale della via, che parte verso destra dopo la prima lunghezza di *Luna bong*.

Arrivo in sosta sul secondo tiro, dopo aver incrociato *Luna Bong*.

Sguardo verso il basso sul terzo tiro, su roccia molto più solida di quanto possa sembrare a guardarla.

Partenza del quinto tiro (6c+): classico grigione verdoniano.

Alessandra al termine della sezione più difficile del quinto tiro.

Sesto tiro, una bella fessura piuttosto fisica che corre parallela a destra di *Luna bong*.


venerdì 13 ottobre 2023

Gorges du Verdon - *Vision futée* + *Heure zéro*

Una bella alternativa per scalare in Verdon quando non si ha a disposizione tutta la giornata oppure quando fa troppo caldo è sicuramente il settore cosiddetto "Heure zéro", che prende il nome dall'omonima celebre via. L'esposizione Est in una sorta di anfratto limita l'esposizione ai raggi del sole e garantisce ottime condizioni quando altrove si cuoce.
Considerati l'avvicinamento irrisorio, la logistica molto pratica (doppie sulla via) e l'esigua lunghezza degli itinerari, si riescono tranquillamente a concatenare più itinerari. In poco meno di quattro ore abbiamo percorso *Vision futée* (120 m, 6c+ max, 6b+ obbl.) e *Heure zéro* (110 m, 6c+ max, 6b+ obbl.), entrambe opera degli instancabili f.lli Remy, che anche in Verdon hanno lasciato la loro firma un po' ovunque. Si tratta di due itinerari piuttosto vicini tra loro ma che propongono due tipi di arrampicata differenti. Scalata tecnica old school sulla prima e continuità su buone prese sulla seconda; quest'ultima però, come ciliegina sulla torta, presenta un breve passo piuttosto violento proprio sugli ultimi metri che stona un po' con il resto della via. Ma il bello dell'arrampicata è anche questo.

Materiale: corde da 60 m, 14 rinvii, casco.
Esposizione: Est, molto incassato. Prende pochissimo sole al mattino, ideale nelle giornate calde.
Avvicinamento: 2 minuti di cammino dall'auto per raggiungere le doppie di *Heure zéro*.
Discesa: rientro velocissimo a piedi alla macchina.

Come ogni via che si rispetti in Verdon, si inizia in discesa.

Il fratelli Remy devono aver acquistato un barile di questa vernice:
è lo stesso colore che usano anche in Svizzera per marcare le loro vie.
Un vero e proprio "marchio di fabbrica".

Il tiro chiave di *Vision futée*, niente a che vedere con le valutazioni moderne; però, che tiro!

Ancora un'immagine del terzo tiro, continuo fino alla fine.

Ultimo tiro, in oblique verso sinistra per raggiungere gli ultimi metri di *Heure zéro*.

Ultimo sole sulle belle pareti dell'Escalès.

Giù di nuovo e su per *Heure zéro*, altra bella creazione dei f.lli Remy. Questo è il primo tiro.

Arrivo in sosta su *Heure zéro*:
piccolo runout facile lungo una bella fessura (eventualmente proteggibile).

Partenza dell'ultimo tiro di *Heure zéro* (6c+); tiro piacevolmente scalabile fino ad un singolo molto impegnativo con prese piccole e appoggi estremamente sfuggenti.

Gli avvoltoi del Verdon si godono l'ultimo sole.

Alessandra al termine della via e della giornata.


giovedì 12 ottobre 2023

Gorges du Verdon - *Tandem pour une évidence*

Quando si parla di arrampicata in Verdon, l'immaginario corre immediatamente alle fotografatissime pareti dell'Escalès e alla tipica scalata che ha reso celebre il Verdon in tutto il Mondo. Ma in zona c'è anche altro. Esiste un "universo parallelo" di pareti e settori, esplorati solo in tempi relativamente recenti, che stanno letteralmente spopolando. Provo a sintetizzarne i motivi: esposizione ombreggiata per cercare un po' di refrigerio al clima sempre più caldo, stile di arrampicata un po' più vario (e aggiungerei "semplice") del classico liscio verdoniano, chiodatura ravvicinata con obbligatori poco impegnativi. Si tratta generalmente di pareti articolate che purtroppo non offrono quell'esposizione che si respira all'Escalès; la scalata però è molto varia e piacevole.
Una delle vie più rappresentative di questo stile è senza dubbio *Tandem pour une évidence* (250 m, 6c+ max, 6b obbl.), situata quasi di fronte allo Chalet de la Maline sulla riva sinistra idrografica delle gole. È stata aperta nel 2005 da due tra i più prolifici chiodatori cosiddetti "moderni", ovvero L. Catsoyannis e P. Faudou e conta ormai tantissime ripetizioni. Placche, muri, traversi, fessure, diedri, spigoli: in otto tiri sono condensati quasi tutti gli stili. Sicuramente una bella opzione da tenere presente nelle giornate molto calde oppure semplicemente per visitare un luogo molto suggestivo delle Gorges.

Materiale: corde da 60 m, 18 rinvii, casco.
Esposizione: Nord, sempre all'ombra.
Avvicinamento: dopo aver posteggiato nei pressi dell'Hotel du Grand Canyon du Verdon, scendere a piedi lungo l'evidente sentiero che conduce sul letto del Verdon ("Descente des Cavaliers"). Raggiunta la passerella de L'Estellier, proseguire verso Ovest per una decina di minuti fino all'attacco della via. Calcolare una mezz'oretta dall'auto.
Discesa: la via sbuca a pochi metri dalla strada carrozzabile. Seguendola verso Est si ritorna all'auto (circa 10 minuti).

La passerella de L'Estellier, sul Verdon.

Arrivo in sosta sul primo tiro (6b+), con piccolo runout in placca.

Secondo tiro, in diagonale verso destra per poi tornare a sinistra all'albero.

Terzo tiro (6c+): traverso quasi pianeggiante verso destra con una breve sezione tecnica ben protetta.

Quarto tiro: bellissima fessura-concrezione strapiombante. 6c sulla carta, in realtà è più facile.

Sesto tiro (6b+): altra bella fessura-diedro strapiombante.

Settimo tiro (6c): partenza tecnica di dita poi scalata varia fino al termine della corda. Tiro lunghissimo.

Ultimo tiro su pilastrino grigio per uscire in cima. Palesemente forzato (rimanendo a dx è molto più facile)
ma scalando sulla linea degli spit si trovano incredibilmente prese più o meno nascoste.


martedì 10 ottobre 2023

Pic de Céüse - *Aguirre*

Il richiamo di Céüse è sempre fortissimo e dopo una tappa nel briançonnais non si poteva non fare una visita alla falesia più famosa del Mondo. Falesia, quindi monotiri? Non necessariamente. Come da tradizione (assolutamente personale e non condivisa da gran parte degli amici arrampicatori), invece di andare tranquillamente in un settore e scalare gli innumerevoli e fantastici monotiri che offre la falesia, ci siamo diretti alla Grande Face per salire l'ennesima - quarta per la precisione - via lunga. La roccia è strepitosa ovunque e sbucare sul Plateau de Céüse con gli ultimi raggi del sole autunnale nella più completa solitudine non ha prezzo.
La scelta, questa volta, è caduta su *Aguirre* (150 m, 7b max, 6c obbl.), storico itinerario aperto all'inizio degli anni '80 da un giovanissimo J.C. Lafaille insieme al suo maestro di allora P. Macle che furoreggiava tra Buoux e Verdon. Per citare una via su tutte, *L'ange en décomposition* è opera sua.
*Aguirre* è stata aperta come si usava all'epoca, ovvero dal basso in puro stile alpinistico, con materiale in gran parte "classico" composto da chiodi e pochi spit piantati a mano. È stata successivamente riattrezzata in ottica moderna nel 1993 e ora è percorribile solo con i rinvii. Sono solo sei tiri (alcuni molto corti), è vero, ma tutti belli e sulla roccia che ha reso celebre Céüse in tutto il Mondo. Le difficoltà vanno in crescendo, fino all'ultimo tiro (7b) che rappresenta la ciliegina sulla torta da gustare seduti sul plateau sommitale. Questa lunghezza, dopo uno spostamento verso sinistra, oppone subito una sezione intensa su piccole prese difficili da vedere per poi involarsi lungo una fessura relativamente facile ma esteticissima e aerea che conduce alla piccola sorpresina finale: un passo molto tecnico su roccia grigia piuttosto liscia. Nota personale: dopo aver sbagliato di poco l'onsight sui primi fix, sono sceso e ripartito subito scalando poi senza intoppi fino in sosta. A proposito, consiglio di fermarsi alla prima sosta disponibile per poi effettuare ancora un breve tiro fino in cima (sulla carta è facile ma in realtà è meglio non rilassarsi troppo).
Attualmente è presente una corda fissa proprio sulla verticale della penultima sosta, testimonianza di un cantiere aperto appena a destra dell'ultimo tiro di *Aguirre*: promette sicuramente difficoltà molto elevate.
Piccola considerazione meteorologica, infine. Pensavo che in questa stagione, a 2000 metri di quota, ci fossero condizioni ottime per scalare al sole. In questo autunno particolarmente caldo però - incredibile a dirsi - non si riusciva proprio a stare sulla roccia con il sole battente: un forno! Tutti gli arrampicatori presenti, infatti, salivano con calma alla base della falesia nel primo pomeriggio e scalavano dalle ore 15 fino alle 19.30, ora in cui il giorno lascia spazio alla notte. E poi giù con la pila frontale.

Materiale: corde da 60 m, 15 rinvii, casco.
Esposizione: Sud Est, in ombra dopo le ore 15.
Avvicinamento: per salire alla Grande Face è di gran lunga più diretto il sentiero che parte dal parcheggio lungo la Route Forestière Rocade Supérieure, ovvero fino dove è possibile arrivare in auto. Da qui calcolare comunque 45 minuti. È altresì possibile partire dal campeggio, percorrendo il classico sentiero che richiede però molto più tempo e sviluppo.
Discesa: la via più veloce e interessante per scendere dal Plateau de Céüse passa dalla breve via ferrata che si raggiunge brevemente e facilmente verso Ovest dal termine della via.

Avvicinamento alla Grande Face; con calma, perchè al sole non si riesce proprio a scalare!

Partenza del terzo tiro (6c): breve placca poi dietro l'angolo si trova un bellissimo diedro.

Vista dall'alto sulla seconda parte del terzo tiro.

Quarto tiro, facile ma con una roccia che ha dell'incredibile.

Quinto tiro (7b): partenza violenta sui primi fix poi scalata aerea di soddisfazione
fino ad una sezione più tecnica su roccia grigia piuttosto liscia: bellissimo!

Il recupero dello zaino, qui, non pone assolutamente problemi;
verticalità (e anche un po' di più) assicurata.

Ultimi metridella via per Alessandra, con lo sfondo della piana che ospita Gap.

Ultimo sole autunnale in cima al Pic de Céüse.

Panoramica del Plateau de Céüse da Ovest verso Est passando per il Nord.

Verso Nord la vista spazia fino all'inconfondibile spigolo del Pic de Bure,
salito 8 anni fa sempre con Alessandra.

Passeggiata rilassante verso l'imbocco della ferrata che riconduce velocemente alla base della parete.

In questa stagione è tutto chiuso (campeggio compreso),
quindi si può tranquillamente usufruire della comoda location accanto alla Maison de Céüse.