giovedì 23 ottobre 2014

Pilastro Lomasti - *Via del 94°* originale & trad

L'arrampicata, come del resto anche altre attività, è alimentata dai sogni. Il personalissimo sogno odierno era quello di trovare il Pilastro Lomasti spogliato di tutto il contenuto inox infisso negli ultimi anni. Uno scudo compatto di gneiss su cui l'alpinista friulano Ernesto Lomasti aveva tracciato nel 1979, insieme a Enrico Ricchi, un coraggioso itinerario utilizzando pochissimo materiale, senza forare la roccia e spingendo al massimo l'arrampicata libera... con pesanti scarponi da montagna, per di più! Solo dopo qualche tentativo la via è stata ripetuta (con le scarpette) dai forti scalatori locals G. Azzalea e A. Cheraz che ne hanno confermato la bellezza e l'impegno. Con l'avvento delle vie "moderne" di Lino Castiglia negli anni '80, chiodate dall'alto, anche la via classica ha subìto un restyling con qualche spit per rendere più abbordabili i passaggi più esposti. Successivamente il tracciato è stato rettificato, probabilmente per non generare troppa confusione con le vie vicine... anche se in realtà sono queste ultime ad aver disturbato la via di Lomasti.
Considerato il ritorno in auge dell'arrampicata tradizionale (il cosiddetto "trad"), ho voluto provare a rivivere le stesse emozioni dei primi salitori, salendo la via nella sua integralità e solamente con protezioni amovibili. Nel corso degli anni purtroppo si è persa la memoria storica del percorso originale, che non è quello attualmente chiodato! Impossibile pensare che certi tratti indicati oggi come appartenenti alla *Via del 94°* siano stati superati nel 1979 senza utilizzo di chiodi a pressione... quando esistono a pochi metri di distanza fessure ben proteggibili. Il modo migliore per seguire il tracciato di E. Lomasti è quindi quello di immedesimarsi nel primo salitore e cercare le debolezze della parete e le fessure per proteggersi. Ci si accorge così che la via giusta passa più o meno nella porzione di parete attualmente interessata ma - nella parte alta dopo il traverso - incrocia *La rossa e il vampirla* e *Control... e vai tranquillo*.
Così percorsa, la via acquista un significato storico/tecnico piuttosto marcato pur rimanendo alla portata di un gran numero di arrampicatori, disposti però a mettersi in gioco e ad affrontare qualche tratto un poco expo ma su difficoltà contenute (6b max).
Piccolo compromesso a cui bisogna scendere, a favore della comodità prima ancora della sicurezza, sono le soste. È di gran lunga meglio utilizzare quelle a fix già presenti per non essere costretti, in qualche situazione, a sistemarsi in posizioni sconvenienti (ad esempio chinati su un terrazzino). Poi, ognuno - fortunatamente - è libero di organizzare la propria progressione come meglio crede...

Di seguito riporto una relazione scritta che spero possa aiutare a districarsi tra il dedalo di fix.

L1: la via originale probabilmente aggira a destra la grande placconata basale per raggiungere l'inizio del traverso. Noi abbiamo scalato una bella lunghezza all'estremità destra della placconata (vedi foto). Sosta a fix di *Vertigine*. Nessun materiale in posto. 6a.
L2: lungo traverso verso sinistra, molto esposto. Superata la grande scaglia rovescia, salire a moschettonare un chiodo e continuare a salire in diagonale verso sinistra. Traversare quindi orizzontalmente a sinistra fino all'albero de *La rossa e il vampirla*. Sosta a fix della *Rossa*. 1 chiodo in posto. 6b.
L3: dritti sopra la sosta fino a superare un piccolo bombamento, oltre il quale si raggiunge uno splendido fessurino ben proteggibile. Seguirlo fino ad una sorta di cengetta che si percorre a destra in direzione di un evidente pulpito con blocco staccato. Sosta a fix di *Control*. Nessun materiale in posto. 6a.
L4: salire verticalmente fino a moschettonare un chiodo a sinistra. Attraversare quindi a destra sotto un tettino fino al suo termine e alzarsi con un passo obbligatorio su tacche fino ad un buon terrazzino. Spostarsi a sinistra in direzione dell'evidente diedro fessurato con una piantina in posto e due chiodi. Al suo termine, alzarsi un poco verso sinistra superando un muro verticale a grandi buchi, non difficile ma esposto e poco proteggibile. Quando possibile, tornare a destra verso il bel terrazzo erboso. Sosta a fix di *Sylvie*. 3 chiodi in posto. 6b.
L5: scalare l'evidente diedro che si trova sopra la sosta. Giunti al suo termine, raggiungere il terrazzo con alcune soste in posto e continuare ancora lungo la linea diagonale fessurata verso destra che raggiunge la cima. Sosta a fix di *Sylvie*. Nessun materiale in posto. 5c.

Materiale: 2 corde da 60 m, 8 rinvii (allungabili), 1 set completo di friends C3+C4 BD fino al #3 C4, un set di tricam da #.5 a #1.5, casco.
Esposizione: Sud Ovest, sole nel pomeriggio.
Avvicinamento: in circa 35 minuti di cammino.
Discesa: in doppia lungo l'asse *Sylvie* - *Vertigine*.

Primo tiro per Ale. Piccola variante: l'originale aggirava a destra il grande placcone iniziale

Arrivo in sosta sul primo tiro, qui in comune con la via originale

Al termine del lungo diagonale del secondo tiro, il tiro più ardito della via

Terzo tiro, un bel fessurino in placca seguito da un facile traverso verso destra

Forse è l'unico posto in Valle d'Aosta dove si possono utilizzare con successo i tricam...

Luci autunnali e atmosfera tersa sul Pilastro Lomasti

Quinto tiro: un bel diedro regolare, ben proteggibile

Sesto ed ultimo tiro, facilmente concatenabile con il quinto

Il tracciato della via