sabato 30 gennaio 2021

Valeille - *X-Files*

*X- Files* (80 m, III/5 M9+) è una pietra miliare del cosiddetto misto moderno. È stata aperta in maniera rocambolesca dall'inglese Steve Haston in compagnia della moglie Laurence Gouault, nel 1998. Con 5 spit piantati a mano e qualche chiodo da roccia, Haston ha superato la parte sinistra del grande strapiombo dietro la colonna (quando c'è) di Hard Ice in the Rock. Rocambolesca perché si narra che qualche fondista di passaggio nella pista sottostante abbia chiamato i soccorsi pensando che le urla provenienti dalla parete fossero di alpinisti in difficolta; forse era solo Steve che cercava di comunicare qualcosa a Laurence oppure semplicemente stava urlando durante la sua prestazione :-)
Ufficialmente si tratta del primo M10 della storia, anche se i ripetitori negli anni seguenti l'hanno declassata a M9+. Sul grado si potrebbe disquisire per ore senza, come al solito, arrivare da nessuna parte. Il dry-tooling non è come la roccia che presenta caratteristiche simili ogni anno; a seconda della quantità di ghiaccio presente può essere più o meno difficile, con oscillazioni anche superiori al grado. E non è poco. Se poi si aggiunge il fatto che sul finire degli anni '90 il misto moderno era in pieno fermento e i top climbers di allora si contendevano il grado massimo facendo rimbalzare una palla che sembrava a dir poco impazzita, può apparire piuttosto fuori luogo mettersi a giudicare adesso prestazioni fatte in un'altra epoca... anche se sono passati solo poco più di 20 anni. Quello che deve rimanere oggi, a mio parere, è la grande intuizione che hanno avuto menti visionarie come Lowe, Haston e Bubu Bole, solo per citare i più rappresentativi. Noi oggi possiamo solo divertirci con materiale molto più performante su una strada già tracciata. Per farlo però bisogna mettere in conto il fattore global warming che, rispetto a una volta, consente di avere condizioni accettabili per periodi molto più brevi. Generalmente il dry-tooling, almeno nelle Alpi Occidentali, si pratica su roccia di qualità non proprio eccelsa, consolidata dal gelo con temperature rigide ma assai fragile quando fa più caldo. Questione di saper scegliere il momento giusto.
*X-Files*, a differenza di altre vie considerate storiche, ha mantenuto nel corso degli anni il suo carattere severo. Il materiale in posto non è cambiato molto e le protezioni non sono ravvicinate; fattori che hanno sempre scoraggiato visite in epoca recente. A pochi anni dalla sua apertura, aveva ricevuto un buon numero di ripetizioni da parte dei top drytoolers mondiali, poi la via è caduta progressivamente nell'oblio tranne qualche sporadica incursione. In occasione di una di queste, erano anche stati aggiunti alcuni fix nella parte alta, modificando un poco la linea originale che invece piega nettamente a destra a cercare il corpo principale della colonna di Hard Ice.
Quest'anno, complice il bel lavoro di restauro da parte di N. Bruni e F. Civra Dano, molte cordate hanno approfittato per ridare lustro a questo pezzo di storia. Chiodi ribattuti e allungati con cordoni e moschettoni, bonifica generale (anche se la roccia, è bene ricordarlo, non è solidissima), primi tre spit originali sostituiti con fix inox più altri due lungo la variante di uscita più diretta garantiscono una scalata di ampio respiro, continua, mai veramente difficile ma sempre da gestire. In una parola: bello! La linea originale di Haston, come già detto, esce un poco più a destra (visibili ancora due boccole filettate dei vecchi spit-roc e due chiodi con cordone e moschettone marci) proprio sotto il grande strapiombo formato dalla stalattite. Per quanto riguarda la difficoltà, poco cambia. Probabilmente la linea di sinistra (quella riattrezzata) risulta un po' più "sicura", correndo al margine della colonna. Nulla vieta, in futuro di rispolverare anche l'uscita originale, cosicchè si possa scalare il tiro a piacimento oppure in base alla quantità di ghiaccio presente.
Tra i vari ripetitori di quest'anno, ci siamo messi in coda anche Anna ed il sottoscritto. Insieme avevamo già percorso nel 2005 il grande freestanding di Hard Ice in the Rock, che presentava una inquietante crepa di una trentina di centimetri nella parte alta. All'epoca, Anna era reduce da un periodo al top nel mondo del dry-tooling, con prestigiose ripetizioni dei più difficili itinerari (M12) ma le mancava *X-Files*, probabilmente frenata dal carattere expo ma silenziosamente attratta da quella chimera. Per me invece l'alta difficoltà nel misto era solo un miraggio da ammirare sulle riviste (ebbene sì, in quegli anni le riviste erano ancora più quotate del web). I tempi cambiano, le passioni restano, il livello tecnico fortunatamente cresce... ancora per poco, ahimé, devo approfittarne! Era naturale che proponessi ad Anna di tornare insieme su quella cascata per cercare di chiudere un cerchio.
Con il passare degli anni una persona dovrebbe avere maggior esperienza per valutare con attenzione le giuste condizioni. Purtroppo però gli impegni della vita non sempre consentono di poter scegliere liberamente, così ci siamo trovati al parcheggio di Lillaz con una temperatura a dir poco polare. Anche le previsioni meteo più dozzinali indicavano quello come il giorno più freddo del periodo ma abbiamo comunque voluto giocarci la carta: "alla peggio, facciamo una ricognizione" ci siamo detti. Tralasciando dettagli logistici tipo dimenticanza di imbracatura (leopardata, quindi non mia!) o robe simili, in qualche modo ci siamo portati alla base dello strapiombo. Ho voluto ugualmente provare un tentativo onsight, arenato purtroppo al primo spit... che si trova comunque quasi a metà tiro dopo la sezione più delicata. Peccato! La completa insensibilità alle mani però non mi avrebbe consentito di fare un centimetro in più. Stop per far tornare un minimo di sangue alle estremità e via di nuovo fino in cima senza appendermi. Anna si è poi occupata di smontare il tiro da seconda e fare una ricognizione. Troppo freddo veramente per fare un altro giro, quindi rientro alla base con doppie verticali comodamente servite su un imbrago di fettucce.
Siamo poi tornati quattro giorni dopo per chiudere un capitolo che appariva abbastanza scontato, anche se nel dry-tooling bisogna sempre far conto con la variabile "imprevisto" della piccozza che salta senza preavviso (se non caricata con la giusta angolazione). Con quasi 20 gradi in meno della volta scorsa, sono così riuscito a scalare in bello stile la via, mettendo anche le protezioni (non tante per la verità). Anna mi ha seguito a ruota precisa e concentrata, regalandosi per i 50 anni (!) un tiro importante. Cin cin, auguri e buon appetito da Andrea all'Hotel Ondezana di Lillaz: tagliatelle fresche al Bleu d'Aoste e birra del Gran San Bernardo per concludere degnamente la giornata.

Materiale: 1 corda da 80 m (sufficiente per fare moulinette), rinvii, viti da ghiaccio, friends da #1 X4 a #1 C4 BD, martello e una piccola scelta di chiodi.
Esposizione: Ovest, sole al pomeriggio.
Avvicinamento: lo stesso di Pattinaggio Artistico diretta, Hard Ice è la parallela di destra. 20 minuti circa dal parcheggio.
Discesa: con due doppie da 40 m (fix inox con anello di calata).

Martedì 26 gennaio: -17 gradi al parcheggio di Lillaz, primo tiro con il piumino pesante.
(foto A. Torretta)
 
Freddo polare ma provo comunque: tentativo onsight arenato a metà tiro circa, poco prima delle stalattiti di ghiaccio, per insensibilità totale delle mani. Comunque contento.
(foto A. Torretta)

Dopo una pausa per far tornare (parzialmente) la sensibilità alle mani, continuo fino in sosta senza appendermi. Conscio che con temperature più "umane" diventi tutto più facile.
(foto A. Torretta)

È più forte di lei, quindici anni fa scattava le stesse foto: meno male che assicura con il Gri-Gri!
(foto A. Torretta)

Sabato 30 gennaio: 0 gradi al parcheggio di Lillaz. Da un estremo all'altro ma almeno le mani sono calde.
(foto A. Torretta)

Nonostante i selfies dell'assicuratrice, riparto concentrato per il secondo tentativo con buona certezza di scalare in bello stile, anche piazzando le protezioni.
(foto A. Torretta)

Le foto sono tutte uguali, è vero... ma l'estetica di questo tiro è unica.
(foto A. Torretta)

Anche Anna chiude subito il tiro, dopo il giro di ricognizione della volta scorsa.

Quasi cent'anni in due... ma contenti di aver onorato un pezzo di storia del cosiddetto misto moderno.