lunedì 31 agosto 2009

Becca Torché (parete Nord) - *Crétier-Charrey*


Roberto F. impegnato su uno degli ultimi tiri della via.
Percorrere la classica *Crétier-Charrey* (400 m, TD, 5c max, 5c obbl.) sulla parete nord della Becca Torché è un po’ come compiere un viaggio nella storia dell’alpinismo in Valle d’Aosta. I primi salitori (26 agosto 1928), allora neanche ventenni, sono stati - purtroppo solo per pochi anni - protagonisti della ricerca alpinistica in Vallée. Amilcare Crétier, in particolare, è riconosciuto come uno dei principali esponenti dell’alpinismo cosiddetto non professionistico del suo tempo. Ha esplorato gli angoli tutt’ora più selvaggi del territorio valdostano, percorrendo itinerari che risultano ancora irripetuti o ripresi solo raramente.
La via diretta sulla parete nord della Becca Torché non appartiene sicuramente alle imprese più ardite di Crétier... ma è assai significativa dello spirito con cui affrontava le difficoltà. L’idea di percorrere la cengia ascendente, chiamata simpaticamente route à bicyclette, per avventurarsi nel cuore della ripida parte alta della parete è stata senza dubbio all’avanguardia. Nel 1928 non c’erano Camalot e TCU ma solo chiodi d’acciaio (usati con molta parsimonia, peraltro)! Il tiro chiave, valutabile intorno al 5c, è stato salito con soli 3 chiodi (in loco)... ora fortunatamente i micro-friends permettono una progressione un po’ più sicura.
Una piccola considerazione merita anche il tipo di scalata imposto dallo gneiss che si trova sulla Becca Torché: molte tacche e fessure superficiali per uno stile tutt’altro che classico... Complessivamente la qualità della roccia può essere definita abbastanza buona: placche e fessure appoggiate nella parte bassa (intervallate da cenge detritiche), muri compatti e fessure nette nella parte alta.
Lungo la via si trova pochissimo materiale in loco: 1 chiodo nella prima metà, qualche sosta e qualche chiodo di passaggio in alto. Il minimo indispensabile: per il resto la roccia si presta particolarmente all’utilizzo dei friends.
La relazione pubblicata sulla Guida dei Monti d’Italia CAI-TCI “Monte Rosa” (G. Buscaini) è sostanzialmente corretta.
Roberto F. ed io abbiamo salito la via in poco meno di 3 ore dal nevaio basale fino alla croce di vetta... e in meno di 6 ore andata e ritorno dalla macchina: quello che si dice andare in montagna di buon passo, divertendosi, senza però privarsi del piacere di scattare foto e di ammirare lo splendido panorama sull’arco alpino occidentale dal Monte Bianco al Monte Rosa.

Materiale: 1 corda da 50 m, 4 rinvii, 1 serie di friends dal #.5 al #2 Camalot C4, 1 serie di TCU dal #0 al #3 Metolius, 1 martello e 3/4 chiodi assortiti (non utilizzati), qualche fettuccia, casco. Le scarpette sono utili ma non indispensabili sui tiri della parte alta (attenzione che con roccia umida diventano molto delicati, può essere prudente portare almeno un paio di pedule per cordata): noi non le abbiamo utilizzate.
Esposizione: nord, sempre all’ombra.
Avvicinamento: l’avvicinamento più diretto è senza dubbio risalire direttamente il versante sud ovest della Becca Torché partendo più o meno a metà tra gli alpeggi Chalex e Dondeuil. Si sale fino a quota 2700 metri circa in corrispondenza della cresta spartiacque con il Vallone di Chasten. Reperire un breve canalino, nei pressi di una palina “Riserva di Caccia”, che permette di scendere verso la base dell’evidente parete nord. Calcolare da 1.30 a 2 ore di cammino su terreno aperto senza sentiero.
Altra possibilità (seguita da noi oggi) è quella di seguire il sentiero che, partendo dall’Alpeggio Chalex, tocca Chanaley e Tron con un largo giro a mezzacosta che immette nel vallone a nord della Becca di Chalex. Il percorso è più lungo ma quasi interamente su sentiero... per la verità non evidentissimo da reperire.
Discesa: lungo il sentiero della via normale fino al Col Dondeuil, poi a destra si rientra in Val d’Ayas all’alpeggio Chalex (calcolare poco più di un’ora dalla cima).

venerdì 14 agosto 2009

Petit Clocher du Portalet - *État de choc*

Rémy impegnato nella faticosa dülfer al termine del quinto tiro (7a)
Aveva ragione Marco Pedrini quando diceva che non serve andare in Yosemite per provare forti sensazioni su granito... basta andare al Petit Clocher du Portalet! Effettivamente, con le dovute proporzioni, questa guglia ricorda le più famose pareti americane... quanto meno per le linee geometriche e l’esposizione.
Sul versante nord, sempre all’ombra, si trova una evidentissima linea di diedri e fessure salita dai mitici fratelli Rémy nel 1983 e chiamata *État de choc* (250 m, ED+, 7b max, 6b/c obbl.). Proprio l’anno scorso i Rémy son tornati a ripetere la loro creazione, cogliendo l’occasione per sistemare un po’ le soste e chiodare una partenza più sicura (e poco più difficile) dell’originale. Occorre specificare però che non si tratta di un restyling completo della via... sulle soste non utilizzate per la discesa in doppia, si trova un solo fix da 8/10 mm e lungo i tiri si trova ben poco materiale. L’impegno originale è pressoché immutato, cambia solo che un’eventuale ritirata diventa meno costosa (prima le soste erano tutte da attrezzare su friends).
L’itinerario è relativamente corto ma molto fisico... e con un’esposizione che ha pochi eguali nel Massiccio del Monte Bianco. Ottima base di partenza per la via è la Cabane d’Orny, a circa 45 minuti di cammino. È possibile comunque percorrere la via in giornata - come abbiamo fatto Rémy ed io - salendo con la prima seggiovia da Champex alle 8.30 e rientrando a La Breya alle 16.58... 2 minuti prima della chiusura dell’impianto! Tempistica fattibile a patto di non mettere in programma la benché minima perdita di tempo... per non dire che bisogna correre!

Materiale: 2 corde da 60 m, 10 rinvii, friends 2x #.5, 2x #.75, 3x #1, 3x #2, 3x #3, 3x #4, 1x #5 Camalot C4, 1 serie di TCU dal #0 al #3 Metolius.
Esposizione: nord, sempre all’ombra purtroppo.
Avvicinamento: due opzioni, dalla Cabane d’Orny (più comodo) in circa 45 minuti oppure dall’arrivo della seggiovia Champex - La Breya calcolando 2 ore (noi abbiamo impiegato circa 1 ora e 20 minuti).
Discesa: prima doppia lungo la via poi a destra (guardando la parete) lungo la spettacolare *Ave Caesar...*, ultima doppia di nuovo sulla via.

venerdì 20 febbraio 2009

Valsavarenche - *Cohésion zero* (prima ripetizione)


Dicembre 1994: Rudy Buccella ed Ezio Marlier salgono una nuova cascata in Valsavarenche ripresi dalle telecamere della RAI VdA. Ghiaccio molto fine incollato alla roccia, praticamente nessuna possibilità di assicurazione. Nasce così *Cohésion zero*, per anni (e attualmente) indicata nella letteratura alpinistica come una delle cascate più impegnative dell'arco alpino e presa come riferimento per il grado WI6+/7!
Quest'anno, come tante cascate di rara formazione, *Cohésion zero* si è consolidata molto bene, tanto da consentire una salita in totale sicurezza... con difficoltà che si attestano attorno al grado WI4. Inoltre, un enorme cono di valanga - alto almeno una decina di metri - ha accorciato notevolmente la lunghezza del primo tiro. Attualmente il primo salto, originariamente salito con due lunghezze, si può percorrere con un tiro da 60 metri esatti.
Non vorrei offrire l'occasione per l'ennesima sterile discussione sui gradi delle cascate ma semplicemente offrire lo spunto per una piccola riflessione relativa alla difficoltà di assegnare una corretta valutazione ad un elemento estremamente mutevole come il ghiaccio.
La mia personalissima idea in merito è molto semplice. Esiste una scala di valutazione, sufficientemente chiara ed esauriente che tiene conto sia del fattore tecnico sia del fattore ingaggio/pericoli oggettivi. La difficoltà maggiore ovviamente è applicare questa scala ad una struttura che muta di anno in anno. La cosa migliore sarebbe poter assegnare un grado tenendo conto della media stagionale e del percorso più facile... ben sapendo che anche così possa esserci comunque uno scarto di mezzo grado in più o in meno. Tutta questione di condizioni del momento ed elasticità mentale... e poi, sotto sotto, i numeri lasciano il tempo che trovano: l'importante è scalare in sicurezza e divertirsi!

Materiale: 2 corde da 60 m, viti da ghiaccio.
Esposizione: Ovest.
Avvicinamento: in circa 20 minuti dal villaggio di Fenille, la cascata si trova sopra il paravalanghe (destra idrografica della Valsavarenche) all'estrema sinistra della barra rocciosa ed è visibile solo all'ultimo.
Discesa: in doppia su alberi.
Ezio Marlier in apertura, 15 anni fa (foto arch. RAI VdA)
Ghiaccio fine di inizio stagione (foto arch. RAI VdA)
Arrampicata delicata e psicologica (foto arch. RAI VdA)
*Cohésion zero* 1994 (foto arch. RAI VdA)
*Cohésion zero* 2009 (foto S. Minoggio)
Vista d'insieme
I primi due tiri originali... uniti in un unica lunghezza di 60 metri esatti (foto S. Minoggio)
Sergio in modalità sboròne su *Cohésion zero*
Sembrano due cascate differenti ma non è così, basta confrontare i dettagli della roccia all'interno del cerchio rosso,
nel 1994... (foto arch. RAI VdA)
... e nel 2009: impressionante la quantità di ghiaccio in più quest'anno!

giovedì 22 gennaio 2009

Mont de Noua - *Hot spring*

Una di quelle linee che sono sotto gli occhi di tutti, ben visibile dalla strada per Courmayeur o per La Thuile, ma non ancora salita! Si tratta della diagonale che rettifica il tracciato di *Laisons dangeureuses* (170 m, V/5+ A3 X), difficile e pericoloso itinerario aperto nel 1996 dai fuoriclasse francesi Damilano e Pallandre.
La linea - percorsa oggi con Anna - è molto logica e segue l’andamento obliquo di una rampa ghiacciata interrotta solo a metà da uno strapiombo di roccia. È nata così *Hot spring* (200 m, IV/5 A2 M R), salita dal basso senza trapano e con limitato utilizzo di materiale (solo 2 spit di protezione e 2 di sosta piantati a mano, più qualche chiodo normale). Ne è uscito un itinerario piuttosto ingaggioso e completo, che richiede una discreta esperienza a muoversi su terreno delicato...

L1: 35 m, ghiaccio, sosta in una nicchia (1 spit);
L2: 35 m, ghiaccio con un breve passo di misto (1 chiodo in posto), sosta a destra su un gradino (3 chiodi + moschettone, vecchia sosta attrezzata da Damilano e Pallandre per scendere da *Liaisons dangereuses*);
L3: 30 m, artif su roccia (2 spit e 1 chiodi in posto) con uscita su ghiaccio fine e poco proteggibile, sosta a sinistra su clessidra di ghiaccio (vedi foto);
L4: 40 m, ghiaccio, sosta a sinistra (1 spit + maillon);
L5: 60 m, ghiaccio e rampa di misto a destra per uscire, sosta su albero.

Materiale: 2 corde da 60 metri, 8 viti da ghiaccio, una scelta di 5/6 chiodi da roccia (principalmente lame e universali), martello, 1 staffa.
Esposizione: nord-est, sole al mattino.
Avvicinamento: a seconda dell’innevamento, da 40 minuti a un’ora circa.
Discesa: in doppia lungo la linea di salita su alberi, spit, abalakov. Attenzione all’ultima doppia, si arriva a terra solo con corde da 60 metri!

Approfitto per fornire alcune info relative alle cascate in zona. Attualmente la stalattite di *Laisons dangereuses* è intrisa di acqua e cola parecchio! Ottime condizioni invece per le due cascate della Vacherie (*Vacherie de gauche* e *Grande Vacherie*) e per la cascata situata in fondo all’Orrido di Pré-Saint-Didier (*Au bout des thermes*). Poco prima di quest’ultima inoltre è stata ripetuta in condizioni ottime la linea di misto denominata *Le moment propice...* (120 m, II/5+ M7+) aperta nel 2003 insieme ad Arnaud Clavel: se ne parla QUI. Approfittatene!

Faticoso avvicinamento in neve fresca
Primo tiro
Vista dall’alto sul secondo tiro
Tratto di artificiale per collegare la linea di ghiaccio (foto Anna Torretta)
Terzo tiro, artif e ghiaccio sottile (foto Anna Torretta)
Anna impegnata sul ghiaccio sottile e improteggibile del terzo tiro
Quarto tiro (foto Anna Torretta)
Quinto tiro, per uscire sul boschetto sommitale
Pré-Saint-Dider visto dalla parte alta della cascata
Topo
 

domenica 5 ottobre 2008

*Trittico del Fer* - concatenamento di vie in bassa Valle d'Aosta

Era da un po’ di tempo che ci pensavo: da quando ho salito la prima via sul Paretone del Fer, nella primavera 2006. La relazione presentava il *Trittico del Fer* ovvero le tre vie che percorrono questo bel muro di gneiss alto 300 m: percorrerle tutte nello stesso giorno era una sorta di sfida (del tutto personale, ovviamente)...
Pian piano il progetto ha preso forma cercando di assumere una certa logica di percorso. Salendo da Outrefer, lungo l’avvicinamento, si trova un evidente pilastro solcato da una via (*Pilastro Neri-Camilla*) che sbuca esattamente sul sentiero per il Paretone del Fer. Ho pensato quindi che potesse essere una bella variante per avvicinarsi al *Trittico*. Inoltre il suddetto Pilastro era stato presentato sulla relazione dei primi salitori come l’inizio di un percorso che continua lungo una cengia verso il Pian Bosonin e termina con una via sulle Placche del Pian (*Eclissi di Venere*).
Quindi, combinando i due percorsi, ne è uscito uno più lungo, articolato e con una sua logica.
Ci tenevo poi a realizzare questo concatenamento anche per un motivo particolare. Quest’estate è scomparso un collega - Roberto Giovanetto - uno dei principali artefici del *Trittico del Fer*: purtroppo non ho avuto modo di approfondire la sua conoscenza, solo qualche scambio di mail e di telefonate. Comunque una persona squisitamente gentile ed umile, con una grande passione per l’arrampicata.

In 9 ore e 40 minuti (andata e ritorno da Outrefer), Alessandra ed io abbiamo portato a termine questo percorso beneficiando di una bellissima giornata autunnale con clima ideale. Non si tratta sicuramente di un record o di un primato, semplicemente una giornata di arrampicata vissuta intensamente nello stile che più mi piace: leggero, veloce ed efficace. E con un pensiero rivolto a chi era particolarmente legato a questa zona: ciao Roberto...

Le vie percorse sono, nell’ordine:
- *Pilastro Neri-Camilla* (250 m, 6b+ max, 5b obbl.)
- *Superfer* (300 m, 7a max, 6c obbl.)
- *Sorpasso a sinistra* (275 m, 6c max, 6b obbl.)
- *Dolcefer* (230 m, 6a+ max, 5b obbl.)
- *Eclissi di Venere* (230 m, 6a max, 5c obbl.)
Per un totale di 42 lunghezze di corda e 1300 metri di sola arrampicata.

Questa, in dettaglio, è stata la nostra tempistica:
- Outrefer: ore 7.20;
- base *Pilastro Neri-Camilla*: ore 8;
- cima *Pilastro Neri-Camilla*: ore 8.40;
- base *Superfer*: ore 9 (2.15 ore per salire e scendere la via, con risalita per disincastrare una doppia...);
- base *Sorpasso a sinistra*: ore 11.30 (2 ore per salire e scendere la via);
- base *Dolcefer*: ore 14 (1 ora per salire e scendere la via);
- base *Eclissi di Venere*: ore 15.30 (50 minuti per salire e scendere la via);
- rientro per il Pian Bosonin;
- Outrefer: ore 17.


Preparativi a Outrefer prima di partire

*Pilastro Neri-Camilla*... conserva lunga

Il sole sorge quando sbuchiamo in cima al *Pilastro Neri-Camilla*

E via con il primo tiro di *Superfer*

Ultimi metri di *Superfer*

Giù da *Superfer*... su per *Sorpasso a sinistra*

Nella parte mediana di *Sorpasso a sinistra*

Ultimi metri anche per *Sorpasso a sinistra*

Ale all’attacco di *Dolcefer*, terza via del *Trittico*...

... e all’uscita della stessa via

Autoscatto al termine di *Dolcefer*

Ultima via della giornata: *Eclissi di Venere*

Quasi al termine del concatenamento, in cima alle Placche di Pian Bosonin