Roberto F. impegnato su uno degli ultimi tiri della via. |
Percorrere
la classica *Crétier-Charrey* (400 m, TD, 5c max, 5c obbl.) sulla
parete nord della Becca Torché è un po’ come compiere un viaggio nella
storia dell’alpinismo in Valle d’Aosta. I primi salitori (26 agosto
1928), allora neanche ventenni, sono stati - purtroppo solo per pochi
anni - protagonisti della ricerca alpinistica in Vallée. Amilcare
Crétier, in particolare, è riconosciuto come uno dei principali
esponenti dell’alpinismo cosiddetto non professionistico del suo tempo.
Ha esplorato gli angoli tutt’ora più selvaggi del territorio valdostano,
percorrendo itinerari che risultano ancora irripetuti o ripresi solo
raramente.
La via diretta sulla parete
nord della Becca Torché non appartiene sicuramente alle imprese più
ardite di Crétier... ma è assai significativa dello spirito con cui
affrontava le difficoltà. L’idea di percorrere la cengia ascendente,
chiamata simpaticamente route à bicyclette,
per avventurarsi nel cuore della ripida parte alta della parete è stata
senza dubbio all’avanguardia. Nel 1928 non c’erano Camalot e TCU ma
solo chiodi d’acciaio (usati con molta parsimonia, peraltro)! Il tiro
chiave, valutabile intorno al 5c, è stato salito con soli 3 chiodi (in
loco)... ora fortunatamente i micro-friends permettono una progressione
un po’ più sicura.
Una piccola considerazione
merita anche il tipo di scalata imposto dallo gneiss che si trova sulla
Becca Torché: molte tacche e fessure superficiali per uno stile
tutt’altro che classico... Complessivamente
la qualità della roccia può essere definita abbastanza buona: placche e
fessure appoggiate nella parte bassa (intervallate da cenge
detritiche), muri compatti e fessure nette nella parte alta.
Lungo la via si trova
pochissimo materiale in loco: 1 chiodo nella prima metà, qualche sosta e
qualche chiodo di passaggio in alto. Il minimo indispensabile: per il
resto la roccia si presta particolarmente all’utilizzo dei friends.
La relazione pubblicata sulla
Guida dei Monti d’Italia CAI-TCI “Monte Rosa” (G. Buscaini) è
sostanzialmente corretta.
Roberto F. ed io abbiamo
salito la via in poco meno di 3 ore dal nevaio basale fino alla croce di
vetta... e in meno di 6 ore andata e ritorno dalla macchina: quello che
si dice andare in montagna di buon passo, divertendosi, senza però
privarsi del piacere di scattare foto e di ammirare lo splendido
panorama sull’arco alpino occidentale dal Monte Bianco al Monte Rosa.
Materiale: 1 corda da 50 m, 4
rinvii, 1 serie di friends dal #.5 al #2 Camalot C4, 1 serie di TCU dal
#0 al #3 Metolius, 1 martello e 3/4 chiodi assortiti (non utilizzati),
qualche fettuccia, casco. Le scarpette sono utili ma non indispensabili
sui tiri della parte alta (attenzione che con roccia umida diventano
molto delicati, può essere prudente portare almeno un paio di pedule per
cordata): noi non le abbiamo utilizzate.
Esposizione: nord, sempre all’ombra.
Avvicinamento:
l’avvicinamento più diretto è senza dubbio risalire direttamente il
versante sud ovest della Becca Torché partendo più o meno a metà tra gli
alpeggi Chalex e Dondeuil. Si sale fino a quota 2700 metri circa in
corrispondenza della cresta spartiacque con il Vallone di Chasten.
Reperire un breve canalino, nei pressi di una palina “Riserva di
Caccia”, che permette di scendere verso la base dell’evidente parete
nord. Calcolare da 1.30 a 2 ore di cammino su terreno aperto senza
sentiero.
Altra possibilità (seguita da
noi oggi) è quella di seguire il sentiero che, partendo dall’Alpeggio
Chalex, tocca Chanaley e Tron con un largo giro a mezzacosta che immette
nel vallone a nord della Becca di Chalex. Il percorso è più lungo ma
quasi interamente su sentiero... per la verità non evidentissimo da
reperire.
Discesa:
lungo il sentiero della via normale fino al Col Dondeuil, poi a destra
si rientra in Val d’Ayas all’alpeggio Chalex (calcolare poco più di
un’ora dalla cima).