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Arnaud impegnato lungo la *Bonatti-Vaucher* sulla Parete Nord delle Grandes Jorasses |
Il cinquantenario della prima salita
della via *Bonatti-Vaucher*
sulla parete Nord delle Grandes Jorasses
(Punta Whymper)
Nell'agosto del 1964, in quattro epici
giorni di arrampicata (e un bel po' di tentativi non andati a buon
fine), Walter Bonatti e Michel Vaucher aprirono la via diretta allo
sperone Whymper, sulla parete Nord delle Grandes Jorasses. Un
itinerario estremamente difficile, dichiarato appunto ED... ma
rivalutato a ED+ dai primi ripetitori: Pierre Beghin e Xavier Fargeas
in prima invernale nel 1976, quindi ben 12 anni dopo la prima! Un
raro caso di ritocco verso l’alto della difficoltà iniziale,
considerato che normalmente avviene il contrario. Ora la
Bonatti-Vaucher è classificata con i criteri moderni, sintetizzabili
in: 1100 m, VI WI5 M6+ R. Una raffica di numeri e lettere che
vorrebbe descrivere le difficoltà medie incontrate quando ci sono le
giuste condizioni; in realtà probabilmente – nello stato attuale
di chiodatura, con solo una piccola manciata di chiodi in posto –
la definizione “estremamente difficile superiore” (nel vero senso
della parola) è più che rappresentativa. Fino all'estate 2014,
ovvero in quasi mezzo secolo, la via è stata ripetuta solo da sette
cordate (compresa la solitaria dello sloveno S. Sveticic). Solo
quest'estate, grazie alle condizioni generali della parete
particolarmente propizie, di cordate se ne sono contate circa una
decina (quasi tutte di francesi), segno che la via si sta affermando
come un bel riferimento per l'arrampicata mista moderna di un livello
leggermente inferiore a top-routes come *No siesta*, e
segno anche che il livello tecnico (e dei materiali) in media si è
alzato notevolmente e rapidamente. Il fuoriclasse François Marsigny
- che ne ha effettuato la prima ripetizione in giornata nel 2007 -
l'aveva collocata (in tutti i sensi) a metà strada tra la *Colton-McIntyre* e *No siesta*, ipotizzando giustamente che
sarebbe diventata in futuro una “classica” per alpinisti
preparati.
Quest'anno ricorre il cinquantenario
della prima salita della *Bonatti-Vaucher* e devo ringraziare Arnaud
Clavel per avermi proposto di salire questo itinerario che, in tutta
onestà, non rientrava tra i miei progetti. Grazie a lui (e alla via)
ho potuto ri-scoprire una piccola parte di storia di alpinismo
moderno. Storie e aneddoti letti in gioventù, ma che avevo quasi
dimenticato dopo la classica ubriacatura post-adolescenziale da
letteratura di montagna.
La via in questione, conosciuta dagli
alpinisti... ma neanche troppo, effettivamente è carica di
significato e rappresenta qualcosa più che un percorso su una delle
mitiche pareti Nord delle Alpi. Senza troppi giri di parole, si può
dire che è la via che ha definitivamente allontanato Walter Bonatti
dal grande alpinismo. I quattro tragici giorni passati in parete
insieme a Michel Vaucher, tra scariche di sassi, frane, corde
tranciate e ridotte a spezzoni da 18 metri, sono stati giudicati
troppo “al limite” da Bonatti che, in quell’occasione deve
letteralmente aver visto la morte in faccia. In occasione della sua
ultima salita in inverno al Cervino, si considerava infatti già un
ex-alpinista, che aveva temporaneamente aperto una parentesi per
chiudere in bellezza la sua straordinaria attività.
Le circostanze drammatiche in cui si è
svolta la prima salita dello sperone Nord della Punta Wymper sono ben
note alle numerose cordate che avevano percorso in quei giorni il
classico sperone Walker. Bonatti nel suo racconto del libro "I
giorni grandi" narra di una fila continua di scalatori di fianco
a loro, segno evidente che le condizioni per salire *la Walker*
erano ottime. La stessa cosa però non si poteva dire della via che
erano intenti ad aprire Bonatti e Vaucher, che presenta mediamente
roccia meno sana. Tra le cordate presenti sullo sperone Walker sono
da menzionare Romano Perego e Luigi Bosisio seguiti a ruota da
Giovanni Brignolo, Andrea Mellano e Tino Albani. In quell'occasione,
Mellano e Perego avevano terminato (primi tra gli alpinisti italiani)
il celebre trittico delle pareti Nord delle Alpi: Cervino, Eiger e
Grandes Jorasses.
Curioso rimarcare anche la presenza,
dietro agli italiani, di una cordata mista composta da Yvette
Vaucher, moglie di Michel e giustamente preoccupata per le sorti del
marito, tra le prime donne a percorre lo sperone Walker.
Indubbiamente il 1964, sotto il profilo
alpinistico, è stato un anno da ricordare per la parete Nord delle
Grandes Jorasses. Esattamente come lo sarà il 2014 per la
frequentazione eccezionale, soprattutto lungo la via *Colton-McIntyre*:
fino a 15 cordate al giorno.
Piccola nota storico-personale a
margine della prima salita della *Bonatti-Vaucher*
Se è vero che questa via ha
profondamente segnato Walter Bonatti fino a spingerlo all'abbandono
dell'attività alpinistica, c'è però un altro episodio – sempre
datato estate 1964 – che lo ha deluso e amareggiato. Nell'ambito
dei festeggiamenti per il decennale della prima salita del K2 da
parte degli italiani Achille Compagnoni e Lino Lacedelli, fu
pubblicato un articolo in cui Bonatti veniva sostanzialmente accusato
di essere un traditore all'interno della spedizione guidata da Ardito
Desio. L'articolo, apparso sulla “Nuova Gazzetta del Popolo”, era
stato scritto da mio nonno paterno, Nino
Giglio, che ho conosciuto da bambino solo negli ultimi anni della sua
vita... troppo presto per comprenderne di alpinismo e soprattutto di
polemiche. Inevitabilmente quell'articolo innescò una serie di
eventi che portarono mio nonno anche in tribunale con accusa di
diffamazione. La vicenda si concluse tre anni dopo con la vittoria
della causa da parte di Bonatti e la pubblicazione di un articolo di
rettifica in cui Nino Giglio rivelava la fonte delle affermazioni che
aveva fatte sue: Achille Compagnoni.
A distanza di 50 anni, queste vicende
mi suonano lontanissime, come una eco di un mondo d'altri tempi, per
quanto le polemiche relative all'alpinismo di punta non manchino
neanche ai giorni nostri. Probabilmente allora avevano una risonanza
più nazional-popolare, ma i tempi però sono cambiati.
Di sicuro, la salita insieme ad Arnaud
della via di Walter Bonatti sulle Grandes Jorasses mi ha fatto
rendere omaggio e suscitare grande ammirazione per uno dei migliori
alpinisti al mondo (se non il migliore) di sempre. Senza nulla
togliere a Michel Vaucher, uno dei pilastri dell'alpinismo elvetico.
La *Bonatti-Vaucher* oggi
Come aveva previsto François Marsigny,
questa via si sta avviando a diventare una classica di alta
difficoltà. Dopo essere rimasta nel dimenticatoio per quasi mezzo
secolo – per ragioni varie – gli alpinisti contemporanei hanno
compreso la chiave per affrontare la via in sicurezza. Occorre
cercare condizioni di buon innevamento nella parte bassa, che
consentano di raggiungere agevolmente e piuttosto velocemente il
cosiddetto “ragno” (un nevaio a circa tre quarti di parete,
battezzato così da Bonatti per la somiglianza in piccolo con quello
della parete Nord dell'Eiger). Da qui, infatti, ha inizio la sezione
più difficile che bisogna affrontare dopo quasi 1000 metri di parete
già superati, quindi non proprio in freschezza. Quest'ultima parte
si trova raramente ben fornita di ghiaccio così da consentire una
classica progressione in piolet-traction. Normalmente occorre invece
affrontare alcune lunghezze molto difficili che richiedono un'ottima
tecnica di dry-tooling e sensibilità sulle lame delle piccozze e
sulle punte dei ramponi; il tutto su un terreno scarsamente
proteggibile e a volte con roccia non proprio di ottima qualità. La
direttiva generale è data dal fondo della logica linea di debolezza,
diagonale verso sinistra, che solca a destra lo sperone Whymper.
Quasi sicuramente il tracciato
originale di Bonatti e Vaucher in quest'ultima difficile sezione si
discosta da quello attualmente seguito. Gli attrezzi di 50 anni fa
non avrebbero consentito di salire dove si scala adesso; qualche
metro a sinistra infatti è presente roccia, difficile ma chiodabile.
Con il materiale da ghiaccio ultra performante in nostro possesso
oggi possiamo invece cercare più proficuamente le incrostazioni di
ghiaccio (terreno definito molto bene dai francesi con il termine
placage).
Piccola nota sull'attacco della via. I
primi salitori sono passati direttamente sotto la verticale del
nevaio inferiore, lungo placche di misto piuttosto ripide e su roccia
non sana. Attualmente invece si preferisce l'attacco classico dello
sperone Croz (poco più a destra), che si abbandona dopo qualche
centinaio di metri per seguire a sinistra una goulotte che immette
sui nevai inferiori della via.
Come accennato in precedenza, ho
percorso la Bonatti-Vaucher il 13 settembre 2014 insieme
all'amico-collega Arnaud Clavel, in una giornata meteorologicamente
perfetta che ci ha consentito una bella progressione piuttosto
rapida: avanzando a comando alternato, siamo riusciti ad impiegare 13
ore dall'attacco fino in vetta, evitando così di utilizzare il
(poco) materiale da bivacco che avevamo nello zaino. Abbiamo
condiviso la salita con altre 3 cordate di forti alpinisti e guide
alpine francesi, in un bel clima rilassato e collaborativo:
condizione necessaria per rendere la giornata proficua e sicura.
Materiale: 2 corde da 60 m, 10
rinvii, 1 set completo di friends C3+C4 BD fino al #3 C4, un piccolo
assortimento di nuts, 5 chiodi assortiti (principalmente lame),
fettucce e moschettoni sciolti, piccozze e ramponi tecnici. Eventuale
materiale da bivacco se non si è sicuri di uscire in giornata.
Esposizione: Nord.
Avvicinamento: in circa 2.30 ore
dal rifugio Leschaux fino alla crepaccia terminale. L'attacco
attualmente utilizzato è quello classico dello sperone Croz.
Discesa: inizialmente lungo lo
sperone Whymper (corda corta e due brevi calate per raggiungere la
via normale italiana) poi lungo il classico percorso che passa dal
rifugio Boccalatte.