La mia ultima uscita nel gruppo Castello-Provenzale risale a quasi trent'anni fa (1996). Nella stessa estate ero tornato due week-end diversi, insieme ad Enrica M., Franco S. e mio papà, per percorrere una manciata di vie "classiche" e "moderne". Mi era piaciuta la Valle Maira, la sua solitudine, la quarzite del Castello-Provenzale. Ero curioso di andare a vedere come e se era cambiato qualche cosa in tutti questi anni. Il fatto di aver scelto la settimana di ferragosto non ha certamente aiutato ad apprezzare la tranquillità della valle; considerando però che si tratta di uno dei periodi più affollati dell'anno, non si può dire che il turismo abbia attecchito come nelle più celebri località delle Alpi Occidentali o delle Dolomiti. Sui sentieri e sulle pareti c'è gente ma non si fa la coda. L'impressione generale è quella di una valle certamente evoluta verso una dimensione più turistica ma conservando un carattere rurale e a misura d'uomo. Per quanto riguarda invece l'arrampicata nel gruppo Castello-Provenzale, ho notato un restyling diffuso delle vie con fix più o meno presenti ovunque alle soste e sempre più sulle vie. In un'ottica di elevata frequentazione, materiale solido in parete garantisce indubbiamente una maggior sicurezza per le cordate. Certo è che il carattere degli itinerari non è più quello originale. Pensavo che la durezza della roccia (quarzite) avesse un po' scoraggiato l'utilizzo del trapano, invece no. C'è solo da prendere atto del cambiamento senza sterili polemiche. Ben lungi comunque dall'essersi trasformato in un tempio dell'arrampicata plaisir, anzi. Se anni fa, però, il Castello-Provenzale poteva essere paragonato alle Dolomiti ora la similitudine calza un po' meno, soprattutto sotto il profilo dell'attrezzatura delle vie. È anche vero che i chiodi da fessura, sulla quarzite, non sono così "sicuri" e duraturi nel tempo come sul calcare o la dolomia quindi il restyling più o meno sistematico delle vie è ampiamente comprensibile.
La scelta della via da percorrere oggi è caduta su *L'orologio senza tempo* (180 m, VII max, VI+ obbl.), per vari motivi. Innanzitutto per il suo valore "storico" (moderno): era stata aperta nel 1982 da G. Massari e A. Parodi con pochissimo materiale, tutta direttamente in libera tranne il passo chiave del primo tiro che il mitico "Giova" aveva poi superato in bello stile poco dopo. Nel 2012, in occasione del suo cinquantesimo compleanno, lo stesso Massari era tornato sulla sua creazione per ridarle un po' di lustro. Insieme a P. Seimandi aveva pulito, disgaggiato e sistemato la chiodatura per renderla più appetibile agli arrampicatori contemporanei; il tutto rispettando l'impegno (più che altro psicologico) originale e posizionando fix solo alle soste. Lungo i tiri, con il materiale di oggi, ci si protegge relativamente bene anche se permangono dei tratti - non difficili - dove occorre avere margine per scalare lontano dalle protezioni e divertirsi. Complessivamente si tratta di una linea molto estetica, che corre parallela a destra della classica *Superfigari*, che offre una scalata piuttosto fisica in puro stile trad (ad eccezione di un fix nel breve tratto in comune con la via appena citata e ovviamente delle soste). E per finire, mi piaceva il nome, piccolo dettaglio che fa la differenza.
Materiale: corde da 60 m, 12 rinvii, 1 set di friends fino al #3 C4 BD, 1 set di dadi particolarmente utili su questa roccia.
Esposizione: E, sole al mattino.
Avvicinamento: abbiamo optato per l'accesso dall'alto, ovvero raggiungendo il Colle Greguri e scendendo alla base della Punta Figari, calcolare almeno 45 minuti abbondanti.
Discesa: è possibile scendere in doppia lungo la via (soste con 2 fix con cordone e anello di calata) ma è di gran lunga preferibile utilizzare le calate del camino E che si raggiungono con una calata dalla cima verso il colletto. Il modo più elegante in assoluto per scendere prevede il proseguimento lungo lo spigolo *Castiglioni* e la discesa direttamente sul Colle Greguri.
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In primo piano la Rocca e la Torre Castello, più in basso a sinistra la Punta Figari.
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Primo tiro della via (VII), il più impegnativo anche perchè affrontato a freddo.
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Il passo chiave del primo tiro oppone il superamento di un tettino fessurato con incastri di dita molto netti.
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Vista dall'alto sul primo tiro.
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Secondo tiro (VI): dopo un fix in comune con la *Superfigari*, si prosegue dritti e poi nettamente a destra.
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Terzo tiro (VII-): un bel diedro arancione piuttosto fisico.
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Vista dall'alto sul terzo tiro.
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Il quarto tiro (VI+), a mio avviso, è quello più "psicologico": gira molto e non è semplice da proteggere.
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Alessandra sugli ultimi metri della via.
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Accesso e rientro da Colle Greguri comodo e veloce.
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Scorcio sul versante Ovest del massiccio Castello-Provenzale dal fondovalle.
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